MELBOURNE – Vere e proprie dinastie di ristoratori sono emerse in Australia, in particolare nel Victoria, fin dalla seconda metà del 19esimo secolo, nate da piccoli imprenditori italiani con grandi idee e la genuina necessità di rinvigorire e vivificare le proprie origini.

Oggi possiamo certamente annoverare l’immensa popolarità della cucina del Bel Paese soprattutto alle centinaia di migliaia di migranti del secondo dopoguerra, tuttavia la storia della ristorazione italiana Down Under è ben più lunga di quanto si possa immaginare.

Ancora prima della nascita dei celebri locali di Melbourne degli anni ‘20 e ‘30 – Café Florentino, The Society e The Latin, collettivamente soprannominati come “spaghetti mafia” –, circa 4mila italiani giunsero in Australia, attratti dalla promessa di ricchezza e fortuna della corsa all’oro del 1850.

Nonostante abbiano gravosamente faticato per affermarsi all’interno di una comunità più ampia, molti hanno coraggiosamente marciato con spirito imprenditoriale fino ai primi decenni del nuovo secolo.

Alcuni hanno addirittura incanalato quella stessa energia in uno spazio puramente culinario, fondando panetterie e ristoranti; umili locali, aperti al servizio dei connazionali e come mezzo per guadagnarsi da vivere dignitosamente.

Macaroni Factory, situata a Hepburn Springs, nei pressi di Daylesford, è difatti la prima e più antica pastaia in Australia, fondata dagli esuli politici Pietro e Giacomo Lucini nel 1858. I due fratelli, parte della Giovine Italia, fondata da Giuseppe Mazzini, lasciarono il Piemonte dopo un primo fallito tentativo di unificazione della Penisola.

Costretti all’esilio, si ritrovarono nella lontana terra australiana dove prosperarono producendo e vendendo pasta e salame, fondando al contempo anche l’Hepburn Democratic Club per discutere di politica e raccogliere fondi per le vedove e gli orfani dei patrioti deceduti in Italia. Ancora oggi, all’esterno, è possibile ammirare meravigliosi vigneti, peri, meli, alberi di fico e ulivi.

Entro la fine del 19esimo secolo, iniziarono lentamente a sorgere ristoranti italiani in molte altre città d’Australia – Perth, Sydney, Bundaberg e Kalgoorlie. A Melbourne, invece, esplose la popolarità di Fasoli’s, primo a guadagnarsi fama duratura. L’esteso locale a Lonsdale Street, originariamente istituito nel 1850 come pensione, fu rilevato da Vincenzo Fasoli, originario di Nobiallo sul Lago di Como, e trasformato in poco tempo in un ritrovo per la comunità bohémienne della capitale del Victoria. 

“Il cibo è prevalentemente italiano. Si inizia con gli antipasti – salame, lenticchie, fagiolini, sardine, barbabietole e insalate di patate: poi arriva un piatto di maccheroni ben preparati, risotto o zuppa – si legge in un articolo dell’epoca sul quotidiano Punch –. ‘Le plat du jour’ consiste in roast beef, maiale, pollo, con cavoli ripieni e altre verdure preparate in modo particolare; per dessert c’è frutta e budino per i filistei, ma gli eletti preferiscono le ottime insalate di formaggio e sedano, o di crescione. C’è vino a volontà, rosso e bianco, e con il formaggio, una deliziosa tazza di caffè nero”.

Alcuni formidabili cuochi italiani giunsero a Melbourne all’inizio del secolo scorso, lasciando davvero il segno e mostrando agli australiani i piaceri della tavola all'italiana: il cibo e il vino, accompagnati da musica e dall’arte della conversazione. Bourke, Lonsdale ed Exhibition Street si animarono improvvisamente di straordinari ristoranti: Cafe d’Italia, divenuto poi The Latin con Bill Marchetti, The Italian Society con i fratelli Codognotto, Café Florentino con Rinaldo Massoni.

Furono loro i promotori di un nuovo stile di vita capace di attirare politici, artisti e attori nel cuore di Melbourne e, prima ancora, migliaia di studenti che sarebbero poi diventati potenti membri della società e che mangiarono il loro primo piatto di spaghetti proprio nei suddetti locali.

“Figure quasi ‘nobili’, geniali imprenditori – così li descrive il pluripremiato chef Stefano de Pieri –. Ho un ricordo ancora così vivido del meraviglioso The Latin di Bill Marchetti, un ristoratore con una visione davvero all’avanguardia”.

Ma per de Pieri, il merito di un decisivo cambiamento nella scena culinaria locale è da attribuire anche al piccolo ristorante a South Yarra, Caffé e Cucina di Maurice Terzini, “capace di creare un ambiente in cui l’italianità veniva pienamente esaltata: dalle divise con i bottoni d’oro a una cucina più leggera e veloce, fino all’abitudine di prendere il caffè al bar con la colazione”.

Ispirato da quell’atmosfera di rinnovamento, nei primi anni ‘90, Stefano de Pieri ha deciso di dar vita alla sua “oasi” a Mildura, nell’area regionale del Victoria, con il ristorante Stefano’s. La trasposizione televisiva del suo libro A Gondola on the Murray – che interseca i ricordi della casa contadina in Veneto lungo il fiume Sile e la nuova vita lungo il fiume australiano – ha rappresentato per lui il riconoscimento nazionale e, per tutta l’Australia, un ulteriore passo in avanti nel percorso di esplorazione della cucina italiana.

“Quando sono arrivato in Victoria, a Lygon Street imperavano pizza e spaghetti a volontà e non si parlava minimamente della qualità dei prodotti utilizzati, come l’olio d’oliva, ad esempio. Siamo stati io e la chef Maggie Beer, in particolare, a incoraggiare un cambiamento – racconta –. Anche l’aglio è sempre stato di origine cinese e di scarsissima qualità. È stato il chimico Nick Diamantopoulos, mio caro amico, a produrre aglio australiano che oggi distribuiamo in tutti i supermercati dello Stato”.

Per il celebre chef, nel mare di sperimentazioni, nuovi piatti e continue influenze culinarie, manca ancora qualcosa: “Una vera affermazione della cucina povera italiana – dichiara –. Io ci ho provato, ma è difficile perché molto intensiva: prepari il pane in casa e, poi, una zuppa con quello che resta. E far capire a un australiano che sta mangiando una zuppa di pane con un olio d’oliva perfetto, e magari una manciata di formaggio, è molto complicato perché si ricade ancora nei cliché”.