ROMA - Erano circa 250mila i fedeli presenti in piazza San Pietro per partecipare ai funerali di Papa Francesco.
La semplice bara di legno e zinco con le spoglie del primo Pontefice gesuita della storia vaticana è stata al centro, come in un abbraccio, del colonnato dorico progettato dal Bernini.
Un’immagine forte, che rimarrà impressa nella memoria di tutti coloro che in presenza o attraverso uno schermo, hanno seguito l’evento a cui hanno partecipato non solo i potenti della terra, ma anche gli ultimi, quelli a cui Bergoglio ha sempre pensato, sognando una Chiesa accogliente e aperta a tutti.
Sono state 160 le delegazioni ufficiali presenti alle esequie, sedute sul sagrato vaticano, a destra dell’altare guardando la facciata della basilica e ordinate secondo l’alfabeto francese, storicamente lingua della diplomazia. Al posto d’onore la delegazione del Paese natale del Pontefice, l’Argentina, guidata dal presidente della Repubblica Javier Milei, con la sorella Karina il qualità di segretaria generale della Presidenza.
Quindi quella italiana, con in testa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella insieme alla figlia Laura e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa, quello della Camera Lorenzo Fontana e i vice presidenti del Consiglio Antonio Tajani e Matteo Salvini. Hanno partecipato anche i sovrani del Belgio, della Danimarca di Spagna, di Giordania, di Monaco, di Svezia, degli Emirati Arabi, del Lesotho, del principato di Andorra e di quello del Lichtenstein, insieme ai principi ereditari William per il Regno Unito e la principessa Mette-Marit di Norvegia.
Presenti i capi di governo di tutti i paesi europei, tra cui l’ungherese Viktor Orban, il francese Emmanuel Macron, quello inglese Keir Starmer e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky la cui partecipazione era stata messa in dubbio in fino al giorno prima.
Per l’Unione Europea sono arrivati a Roma il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, quella della Commissione Ursula Von der Leyen, l’Alta rappresentante per gli Affari esteri Kaja Callas e la presidente dell’Europarlamento Roberta Metsola; insieme a loro il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.
La Cina è stata rappresentata dal vice presidente Chen Chin-Jen, mentre la Federazione russa, in assenza di Vladimir Putin su cui pende un mandato di cattura internazionale, dalla ministra della Cultura, Olga Borisovna Lyubimova.
Per Israele l’ambasciatore presso la Santa Sede Yaron Sideman e per la Palestina, che è stata riconosciuta dalla Santa Sede, dal primo ministro Mohamed Mustafa. In rappresentanza dell’Australia, la Governatrice generale Sam Mostyn, accompagnata dal ministro per il Turismo e gli Affari, Don Farrell, dall’ex vice primo ministro Michael McCormack, dall’Ambasciatrice d’Australia in Italia, Julianne Cowley e dall’Ambasciatore designato presso la Santa Sede, Keith Pitt.
Le esequie si sono aperte con l’intervento del decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re che ha ricordato il Santo Padre in un’omelia con passaggi molto significativi: “Di fronte all’infuriare delle tante guerre di questi anni, con orrori disumani e con innumerevoli morti e distruzioni, Papa Francesco ha incessantemente elevato la sua voce implorando la pace e invitando alla ragionevolezza, all’onesta trattativa per trovare le soluzioni possibili, perché la guerra - diceva - è solo morte di persone, distruzioni di case, ospedali e scuole”.
“La guerra lascia sempre il mondo peggiore di come era precedentemente: essa è per tutti sempre una dolorosa e tragica sconfitta”, ha proseguito Re. “Costruire ponti e non muri, è un’esortazione che egli ha più volte ripetuto e il servizio di fede come successore dell’apostolo Pietro è stato sempre congiunto al servizio dell’uomo in tutte le sue dimensioni”. Il novantunenne porporato bresciano, che nel sovraintendere da cardinale decano a questa sede vacante sta confermando la sua tempra di ferro, ha rievocato nell’omelia i tanti aspetti e contenuti del pontificato di Francesco.
“Il plebiscito di manifestazioni di affetto e di partecipazione che abbiamo visto in questi giorni dopo il suo passaggio da questa terra all’eternità - ha continuato - , ci dice quanto l’intenso pontificato di Papa Francesco abbia toccato le menti ed i cuori”. E, nonostante la sua “finale fragilità e sofferenza, ha scelto di percorrere questa via di donazione fino all’ultimo giorno della sua vita terrena”.
Secondo Re, quando l’ex cardinale di Buenos Aires fu eletto Papa, “la decisione di prendere il nome Francesco apparve subito come la scelta di un programma e di uno stile su cui egli voleva impostare il suo Pontificato, cercando di ispirarsi allo spirito di San Francesco d’Assisi”.
E “diede subito l’impronta della sua forte personalità nel governo della Chiesa, con spiccata attenzione alle persone in difficoltà, spendendosi senza misura, in particolare per gli ultimi della terra, gli emarginati”.
Per il cardinale Giovanni Battista Re, Francesco “ha realmente condiviso le ansie, le sofferenze e le speranze del nostro tempo della globalizzazione, e si è donato nel confortare e incoraggiare con un messaggio capace di raggiungere il cuore delle persone in modo diretto e immediato”. La guida del suo pontificato è stato “il primato dell’evangelizzazione”. E “filo conduttore della sua missione è stata anche la convinzione che la Chiesa è una casa per tutti; una casa dalle porte sempre aperte”, quella Chiesa “capace di chinarsi su ogni uomo, al di là di ogni credo o condizione, curandone le ferite”.
Ecco quindi “i suoi gesti e le sue esortazioni in favore dei rifugiati e dei profughi [e], l’insistenza nell’operare a favore dei poveri”. A conferma di questo, la scelta del Papa di iniziare i suoi 47 viaggi apostolici, da Lampedusa, “isola simbolo del dramma dell’emergenza, con migliai di persone annegate in mare”. Seguito poi dal viaggio a Lesbo, la messa al confine tra Messico e Stati Uniti, l’ultimo viaggio in Asia e Oceania, verso “la periferia più periferica del mondo”, perché “il tema della fraternità ha attraversato tutto il suo pontificato con toni vibranti”, ha sottolineato ancora Re. N
ella sua commovente conclusione il decano ha infine ricordato come Papa Francesco concludesse i suoi discorsi e incontri personali dicendo ‘non dimenticatevi di pregare per me’. “Ora, caro Papa Francesco - ha detto Re -, chiediamo a te di pregare per noi e ti chiediamo che dal cielo tu benedica la Chiesa, benedica Roma, benedica il mondo intero, come domenica scorsa hai fatto dal balcone di questa Basilica in un ultimo abbraccio con tutto il popolo di Dio, ma idealmente anche con l’umanità che cerca la verità con cuore sincero e tiene alta la fiaccola della speranza”.
Il feretro di Papa Francesco ha poi attraversato la Città eterna, salutato da migliaia di fedeli che si erano raccolti lungo le vie di Roma per un l’ultimo commiato prima della tumulazione alla presenza dei soli familiari nella basilica di Santa Maria Maggiore e sepolta nella nuda terra come San Francesco d’Assisi, che ha ispirato il Pontefice durante tutto il suo viaggio nella vita terrena.