In questa rubrica mi è capitato spesso di citarlo e qualche lettore, contrariato dal suo conservatorismo su certi temi, mi ha rimproverato per questo. Io però non sono pentito, non l’ho mai fatto per riverenza o sudditanza: papa Francesco mi sosteneva nella riflessione sui temi che più mi stanno a cuore e che, evidentemente, stavano a cuore anche a lui, perché sono rimasti centrali nelle sue esortazioni e nella coerenza dei suoi comportamenti fino alla fine, fino alle parole pronunciate nella sua ultima Pasqua. Mi confortava anche la sua grande coerenza e determinazione, il fatto che non cedesse mai alle pressioni dei potenti.
Come tutti gli italiani della mia generazione, sono cresciuto nell’abbraccio soffocante del cattolicesimo, dandone per scontati gli insegnamenti, anche quando confliggevano con l’istinto e con i desideri più spontanei e innocenti; ne ho accettato i sacramenti, amministrati a scadenze fissate dal calendario liturgico, fino a quando non ho più potuto ignorare la distanza abissale fra quei dogmi ed il mondo reale, così come lo andavo comprendendo. Per salvarmi, me ne sono allontanato. Ho cercato di approfondire altrove la comprensione dell’uomo di Nazaret, all’origine di un cammino spirituale ed umano, secondo me, tradito da secoli di esercizio del potere, da “verità” astruse e contraddittorie, da precetti e tradizioni antiquate, traghettate inutilmente nella modernità.
Papa Francesco non è riuscito a cambiare nel profondo la sua Chiesa, forse non gli è bastato il tempo, forse non ha avuto abbastanza coraggio. Di certo non mi ha riportato nel suo alveo: l’abbraccio petrino ha continuato a sembrarmi soffocante, contraddittorio con ciò che capisco degli insegnamenti del Maestro. Ma, sul piano sociale, il papa “venuto dalla fine del mondo” è stato protagonista di un pontificato luminoso, ben diverso da quello dei suoi predecessori, chiaramente annunciato dal primo viaggio apostolico quando, non a caso, Francesco si è recato a Lampedusa per denunciare “la globalizzazione dell’indifferenza”.
La sua posizione sulle questioni sociali non è stata generica ma politica: non ha solo denunciato l’ingiustizia, ha anche puntato il dito sulla “struttura ingiusta” dominata dal “primato del denaro, che collega tutte le esclusioni, rende schiavi e ruba tutte le libertà”, individuando la responsabilità dell’ingiustizia nei meccanismi del sistema capitalista. Dopo vari papati profondamente radicati nella Chiesa trionfante, dalla morale soffocante, di un passato ormai travolto dalla modernità, Francesco ha parlato di altre cose e lo ha fatto in modo nuovo, facendomi persino tornare un giorno a Piazza San Pietro, non per assistere a una di quelle teatrali rappresentazioni del cattolicesimo medievale ma per un digiuno e una preghiera collettiva per la pace che, in quell’occasione, servì per scongiurare un attacco americano alla Siria: un momento di speranza poche volte vissuto in questo secolo di trionfante militarismo.
Le tematiche su cui papa Francesco si è ripetutamente espresso, in maniera netta e radicale, sono quelle fondamentali della nostra epoca.
Sulla guerra Bergoglio ha parlato come nessun altro Papa prima di lui, non con generici appelli alla pace ma archiviando, spero una volta per tutte, la dottrina della “guerra giusta”, ancora scritta nel Catechismo della Chiesa cattolica: Francesco ha detto, finalmente, che la guerra è sempre intrinsecamente ingiusta e non è mai la via da percorrere per la risoluzione dei conflitti; ha denunciato i mercanti di morte e gli affaristi che soffiano sul fuoco e alimentano le guerre a loro esclusivo vantaggio. Fino alla fine ha ostacolato la corsa al riarmo e chiesto di investire piuttosto nella pace e nella lotta alla povertà.
Con le sue encicliche ed esortazioni pastorali più belle e profonde Francesco ha messo chiaramente al centro della sua riflessione la minaccia del cambiamento climatico e la necessità di combatterlo con tutte le forze, traghettando la sua Chiesa dentro l’alveo della scienza, contro ogni negazionismo, esortandola a impegnarsi per salvare la bellezza e sacralità del mondo che conosciamo: un grande balzo rispetto alla dottrina del “contemptus mundi” (il disprezzo del mondo e delle cose materiali e mondane, a vantaggio di quelle spirituali) che ha spinto per secoli la Chiesa a disinteressarsi dello stato del pianeta e, spesso, anche di quello dei suoi abitanti. Nella lotta contro il disastro ambientale papa Francesco, purtroppo poco ascoltato anche dai suoi stessi fedeli, è stato un alleato importante degli scienziati e dei movimenti impegnati a salvarci dalla politica riluttante e dagli affaristi indifferenti che ci stanno trascinando verso il disastro. In tema di accoglienza di rifugiati e migranti, papa Francesco ha rappresentato un monito costante, un ostacolo alle politiche sempre più repressive e ciniche che l’Occidente, pur dichiarandosi ispirato a valori cristiani, persegue con grande ostinazione. Su tutte queste tematiche, che sono al cuore del messaggio di chi ha predicato l’amore di Dio per tutte le sue creature e la fratellanza universale, papa Francesco ha parlato con coerenza, tenacia e convinzione, aiutandoci ad essere più umani e incoraggiando chi, su tutto questo, è tenacemente impegnato, nonostante le persecuzioni. Per questo l’ho vissuto come un compagno di viaggio e mi è venuto spontaneo citarlo in queste mie riflessioni: umilmente dichiaro che le sue tematiche, le sue preoccupazioni, sono anche le mie.
Sono certo che molti affaristi e politici, anche cattolici, nel Lunedì dell’Angelo hanno tirato un sospiro di sollievo: Francesco aveva molti nemici nella sua Chiesa e qualcuno era arrivato a definirlo una sorta di anticristo.
Però sono anche certo che milioni di donne e uomini nel mondo intero, anche non cattolici e non credenti, oggi si sentono orfani di questo Papa che ha vissuto il pontificato senza indugiare troppo nelle stanze vaticane e continuando a vivere modestamente, per quanto gli è stato possibile nel ruolo che ricopriva.
Credo che il ricordo affettuoso di un uomo che, fino all’ultimo respiro, non si è inchinato davanti ai potenti ed è rimasto coerente, resterà a lungo fra noi e, forse, potrà continuare a ispirare il nostro impegno, per la pace, la giustizia e la salvaguardia di nostra madre Terra. Addio, papa Francesco, e grazie per la tua testimonianza.