VERONA - Per mano di chi è morta Nora? Lo chiedono i famigliari e gli amici della15enne Nora Jlassi, trovata senza vita dai Carabinieri lo scorso 28 gennaio in un appartamento abbandonato di proprietà dell’Ater (l’ente territoriale per le case popolari), a San Bonifacio, in provincia di Verona. 

Luciana, la mamma della ragazza, rilancia i dubbi e le accuse manifestati durante il presidio organizzato domenica scorsa a Verona, davanti alla stazione di Porta Nuova, per chiedere verità e giustizia, sostenendo che in questa tragedia ci sono ancora molti punti oscuri.

Dopo che la procura ha avviato un fascicolo per “morte in conseguenza di altro delitto”, ipotizzando un’overdose, sul registro degli indagati, per ora, è iscritto un 30enne tunisino, attualmente irreperibile. 

Come riporta il Corriere del Veneto, non era la prima volta che Nora si allontanava da casa, anche per più di un giorno, senza rientrare per dormire. Non andava a scuola da due anni, a 12 anni era finita nella comunità di recupero di San Patrignano, ma era scappata. 

“Mia figlia era talmente ingenua che si fidava anche di persone di cui non si sarebbe dovuta fidare. A San Bonifacio non è quasi mai andata, forse due volte. In quella casa è entrata per la prima volta” ha spiegato la mamma. 

L’ombra dello sfruttamento e di una morte forse causata da chi si è approfittato di una ragazzina con un pesante vissuto, è stata ribadita dagli amici e dalla stessa madre: “La facevano prostituire e in cambio dei soldi le davano una dose di cocaina, ma l’eroina non l’ha mai toccata”. 

Anche un’amica ha lanciato accuse contro una brasiliana, che avrebbe accompagnato entrambe proprio in quell’appartamento per partecipare a una festa: “Nora si fidava di lei, una brasiliana che l’ha venduta a un criminale e l’ha fatta morire. Io avevo trascorso una serata con loro e avevano cercato di stuprarmi, ma sono riuscita a liberarmi”. La giovane ha concluso dicendo:  “Nora era una brava ragazza, non meritava di fare quella fine”.  

Al presidio a Verona è intervenuto anche don Antonio Coluccia, il sacerdote salentino fondatore dell’Opera San Giustino, che da anni vive sotto scorta per la sua battaglia contro le infiltrazioni mafiose a Roma e il racket della droga. “La droga è un bluff, la droga non dà futuro e ruba i sogni” ha detto don Coluccia.