Mentre gli americani erano completamente presi dal dopo Biden chiamati a scegliere tra Kamala Harris e Donald Trump, in Ucraina si continuava (e purtroppo si continua) a combattere un conflitto senza chiari obiettivi e soluzioni, Israele tiene tutti col fiato sospeso con sette fronti di guerra aperti e in Italia si vive l’ennesimo scontro al calor bianco tra governo e magistratura, in Australia per una decina di giorni si è discusso sugli ‘upgrade’ richiesti o non richiesti alla Qantas da Anthony Albanese da quando era ministro dei Trasporti.
Meno male, quindi, che è arrivata la decisione della Banca centrale a riportare un minimo di contenuti e serietà nel dibattito politico interno: un pizzico di realismo con gli interessi che rimangono ancorati al 4,35% mentre l’inflazione cala ancora, ma solo grazie a fattori temporanei, come gli sconti energetici, perché quella ‘vera’ – secondo la Reserve Bank – rimane al di sopra del 3,5% e non permette distrazioni.
Ancora troppo lontana la discesa ai valori-guida tra il 2 e il 3%, che saranno raggiunti solo nel 2026, per togliere il piede dal freno monetario. Il braccio di ferro tra la governatrice della RBA, Michele Bullock e il ministro del Tesoro, Jim Chalmers, quindi, continua e, con la campagna elettorale praticamente ormai iniziata, le pressioni da una parte e dall’altra sono destinate ad aumentare: il governo non potrà permettersi di non spendere e la Reserve Bank non potrà evitare di avere un ruolo, ed estremamente importante, sul palcoscenico politico sia che decida di far scendere i tassi prima del voto, sia decida di non farlo perché le circostanze non lo permettono.
La banca centrale ha riportato ufficialmente il dibattito politico nel campo dell’economia, del costo della vita, delle spese teoricamente da far rientrare, ma che per motivi elettorali (bipartisan) inevitabilmente invece continueranno a salire. Il ritorno alla realtà di martedì - abbandonando la ‘distrazione’ Qantas (l’interesse generale è presto svanito e l’opposizione ha già raccolto il massimo che poteva raccogliere per ciò che riguarda i danni alla credibilità di Albanese, con problemi abbastanza evidenti anche in casa propria) -, era già stato anticipato in parlamento dove, con l’eccezione di Tony Burke, nessuno ha parlato di biglietti aerei e vacanze: carovita, australiani impoveriti e arrabbiati e maggiori partiti a corto di idee sul da farsi, anche se fingono che non sia così. Domenica scorsa Albanese ha fatto partire (come riportato nell’edizione di lunedì) da Adelaide quella che sarà una lunghissima campagna elettorale, con un ben orchestrato ‘bagno di folla’ per automotivarsi e ricaricarsi sia a livello personale, sia come squadra. Una specie di nuovo inizio, con coreografia all’americana e pezzi da 90 (come il premier del momento, Peter Malinauskas, i ministri della Difesa, Richard Marles e degli Esteri, Penny Wong) sul palco a sottolineare i pregi del governo e anticipare nuove iniziative che vogliono sottolineare che solo i laburisti sono in grado di andare oltre alle scelte strettamente economiche.
Albanese quindi che volta pagina e assicura, soprattutto i suoi, che è venuto il momento di lavorare per il futuro, di passare all’attacco con proposte concrete per ottenere la riconferma. Un proposito che mette in evidenza che il primo mandato, in fatto di iniziative parlamentari, si è già concluso: l’agenda del governo è vuota, tanto vale riempirla con i temi della campagna 2025.
L’obiettivo principale per ripartire è di accelerare sulle differenze, prendere delle nette distanze sia con la Coalizione sia con i Verdi perché quello che si vuole escludere è anche l’idea dell’accontentarsi, della possibilità - indicata da molti sondaggi - di un governo di minoranza, che rappresenterebbe una via di mezzo verso la sconfitta e comprometterebbe la qualità del mandato, oltre che la tranquillità di Albanese al timone del partito. Quindi da Adelaide una specie di avvio ufficioso della campagna all’insegna dell’ottimismo, delle cose da fare. Ma soprattutto un’altrettanto chiara indicazione che nel pacchetto elettorale, come nel 2022, ci sarà ampio spazio per demonizzare l’avversario. Dutton riceverà lo stesso trattamento che era stato riservato a Morrison: nella prima di Adelaide ci ha già pensato il vice primo ministro Marles ad indicare la via, parlando di un leader (quello liberale) che ha dimostrato di essere capace solo di opporsi a tutto, assicurando che con “Dutton alla Lodge il Medicare andrà perso per sempre”, che votare per Dutton significherebbe avere “un reattore nucleare nel proprio cortile” e che il comportamento di Dutton in questi ultimi due anni è stato “intimidatorio”, “distruttivo” e “insensibile”.
Negatività con denigrazione del rivale, ma allo stesso tempo nuovi annunci per sottolineare la ‘differenza’, la bontà del ‘marchio laburista’, sempre pronto a cambiare in positivo il Paese. Ecco allora la riduzione del 20 per cento su tutti i prestiti agli studenti, per aiutare circa tre milioni di persone, con un costo di circa 16 miliardi di dollari. Chi ha un debito medio di 27.000 dollari lo vedrà ridurre di 5500 dollari, e per qualcuno con un reddito di 70.000 dollari, il risparmio nei rimborsi sarà di 1300 dollari.
Questo si aggiunge al cambiamento precedente della formula di indicizzazione che è costato tre miliardi di dollari e all’erogazione di 500.000 posti TAFE gratuiti. La legislazione non sarà introdotta però fino a dopo le elezioni, assicurandosi quindi che diventi una questione di primo piano per scegliere a chi affidare il futuro. In arrivo anche un secondo tema di rinnovamento ‘sociale’ che potrebbe diventare addirittura il punto centrale della strategia laburista, quello cioè di creare “un sistema di educazione e cura della prima infanzia di alta qualità e universale” in base al rapporto della commissione ECEC (Early Childhood Education and Care) che prevede di aumentare il sussidio per l’assistenza all’infanzia al 100 per cento del limite orario per le famiglie con un reddito fino a 80.000 dollari, con un declino progressivo oltre tale soglia. La metà delle famiglie sarebbe idonea per tassi di sussidio del 90 per cento o più. Il costo aumenterebbe ad almeno 17,4 miliardi di dollari all’anno, anche se la commissione ha ammesso che il costo effettivo potrebbe essere superiore.
Un obiettivo che rientra nelle ambizioni di Albanese che già quando era leader dell’opposizione aveva affermato in merito: “Il Partito laburista ha creato Medicare (l’assistenza sanitaria universale), ha creato il NDIS (l’assicurazione universale per la disabilità) e la previdenza (la pensione sociale). E, se sarò primo ministro, renderò universale anche l’assistenza all’infanzia di qualità e a prezzi accessibili”.
Ora è alla guida del Paese e sventola quindi con convinzione la bandiera dei traguardi storici e la filosofia laburista delle grandi ambizioni finanziate dal governo, di portata universale, presentate come una fusione di politica sociale ed economica.
Le decisioni sulla riduzione del prestito studentesco e su una futura visione dell’assistenza all’infanzia sono solo l’inizio e arrivano mentre l’Australia affronta una sfida inflazionistica non ancora risolta e ci sono inoltre i rischi che, come nel caso della ‘buona idea’ dell’NDIS, le stime sui costi vengano sottovalutate, come già evidenziato – almeno per ciò che riguarda l’assistenza all’infanzia - da una serie di economisti e dalla Commissione per la produttività.
Anche per questo Bullock insiste sulla prudenza, sottolineando che il ministro del Tesoro è perfettamente consapevole dell’impatto che avranno le scelte elettorali sull’inflazione. Un ‘nemico’ che solo la politica, per convenienza, ritiene alle corde, come ha ribadito ieri sera a Canberra, il primo ministro alla cena con gli industriali. Albanese, comprensibilmente, preferisce, infatti, guardare il bicchiere mezzo pieno e rassicurare tutti sul fatto che l’inflazione, in settembre, è scesa al 2,8%, il livello più basso degli ultimi quattro anni; quindi, “ci sono buoni motivi per sperare che il peggio sia ormai alle spalle”.
La Coalizione temporeggia, consapevole che ormai il tempo di stare a guardare si sta esaurendo e bisogna scendere in campo con qualche proposta che vada al di là delle critiche (su visti, sicurezza, immigrazione) e del nucleare: per ora lascia sempre alla Bullock il compito di far suonare qualche campanello di allarme extra, come la crescita del Paese che è stata riaggiustata al ribasso (1,5 invece che 1,7%) per il 2024, mentre la produttività continua a languire dato che la tenuta occupazionale è soprattutto dovuta ad impieghi pubblici nei campi dell’istruzione, della sanità e dell’assistenza sociale.
A ravvivare un po’ il dibattito interno anche la squadra teal, che chiede ad Albanese e Dutton maggiore chiarezza e coraggio sugli obiettivi di riduzione delle emissioni per il 2035. Sia Kylea Tink (anche se il suo seggio di North Sydney è stato abolito, intende ripresentarsi o nel collegio di Bradfield o in quello di Bennelong, senza escludere l’opzione Berowra), sia Zali Steggall (che cercherà di ottenere un terzo mandato a Warringah), Sophie Scamps (seggio di McKellar) e Monique Ryan (Kooyong) hanno affermato che i loro elettori vogliono “ vera azione” sul fronte dei cambiamenti climatici e alle urne, anche in prospettiva di negoziati in caso di risultato in bilico, non si accontenteranno di certo che “qualcuno sia giusto un po’ meglio dell’altro”.