BUENOS AIRES – Sulle prossime elezioni nazionali, Agustín Monteverde – economista e candidato per La Libertad Avanza al Senato – non ha dubbi. È Mariano Recalde, l’avversario di Fuerza Patria, l’uomo da battere.

Così ha affermato il politico alla Cena del Lunes dei Círculo Italiano de Buenos Aires. Un’occasione per parlare, ancora una volta, della congiuntura economica e valutaria argentina, mettendola in relazione con l’appuntamento con le urne del 26 ottobre.

“Per le elezioni – dice – le alternative sono molto ben delineate”. La Libertad Avanza o il kirchnerismo. Il resto non conta. “E non conta non solo per importanza quantitativa – spiega – ma anche perché le forze di quell’opposizione repubblicana finiscono sempre per votare insieme a Fuerza Patria. Quindi, qui le alternative sono tracciate in maniera molto netta e pertanto la nostra opposizione è il kirchnerismo, che se n’è andato e che vuole tornare”.

Di certo, l’appuntamento con le urne arriva in un momento non semplicissimo per il governo, con gli scandali legati al fentanyl contaminato e le tangenti di Andis, il dollaro che ha sfondato il tetto della banda di fluttuazione, la banca centrale costretta a vendere riserve per frenarne le corsa al rialzo E il Parlamento che, per la prima volta, respinge il veto presidenziale su leggi in tema di copartecipazione, finanziamento universitario ed emergenza pediatrica.  

Una situazione che ricorda il 2018, quando Luis Caputo era ministro, il dollaro fuori controllo e la luna di miele degli argentini con l’allora presidente Mauricio Macri ormai conclusa.

“Rispetto al 2018, la situazione di oggi è completamente diversa – si affretta ad affermare Monteverde –. Intanto Caputo all’epoca era segretario e non ministro. Era il segretario alle Finanze di un governo con forti debiti fiscali, dato che Macri, nei due anni precedenti, aveva aumentato la spesa pubblica, anche a causa del suo megagabinetto”.

Poi ci sono aspetti che esulano dall’economia. “Ricordiamo i picchetti di quell’epoca, come venivano tollerati”, aggiunge.

Da sinistra, Monteverde con il vicepresidente del Círculo, Francisco Tosi.

Secondo Monteverde è la solvibilità fiscale che fa la differenza. “È la spina dorsale del nostro programma economico – afferma –. Non è un caso che venga attaccata così ostinanatamente con leggi sregolate, perché gli avversari sanno che, finché esiste, il grado di forza dell’amministrazione è enorme”.

Infine, va considerata la grande distanza personale tra Macri e Milei. Il primo, secondo Montevederde, era un uomo con buone intenzioni, magari educato e con modi gentili. Mentre Milei “ha modi che possono non piacere, ma anche un elevato grado di convinzione, determinazione e coraggio nell’economia, per portare avanti le idee che ha proposto fin dal primo momento”. E qui si evidenzia “un altro vantaggio, un vantaggio enorme: tutto ciò che fa Milei era già stato annunciato in campagna.  Questo dà un’indipendenza strategica straordinaria”.

Resta da chiedersi se, secondo Monteverde, qualche errore questa amministrazione non l’abbia fatto. Per esempio, se non sia stato un errore non comprare dollari tra 1.100 e 1.200 pesos – e avere più riserve oggi – anziché aspettare fittiziamente e illusoriamente che scendesse a 1.000, situazione che non si sarebbe mai verificata.  

Certo, avere più riserve sarebbe stato meglio, ammette Monteverde. Ma subito incalza: “Il problema è che tutto ha un costo. Se la Banca Centrale avesse comprato dollari nelle prime settimane dopo la rimozione del cepo, l’inflazione sarebbe esplosa violentemente, perché ciò avrebbe significato un’iniezione di pesos nel mercato”.

La fiducia e la stima di Agustín Monteverde per Javier Milei è totale. E invita ricordare com’era l’Argentina il 10 dicembre 2023, il giorno dell’assunzione del presidente. “In quel periodo parlavo continuamente del rosario di bombe nucleari che lasciava in eredità quell’amministrazione – dice –. Sappiamo bene il disordine in cui si trovava il Paese: penso ai blocchi stradali, agli scioperi… Con questo governo non c’è stato un solo giorno di sciopero degli insegnanti”.

Ma è soprattutto sull’economia che insiste Monteverde: prezzi relativi del tutto distorti, con tentativi di controllarli dall’alto che generavano scarsità, scomparsa del credito a famiglie e imprese, problema delle riserve…

“Il problema più grave, però, era il deficit – dice ­– al 6% del Pil, enorme. Oggi molti di quei problemi sono stati risolti, altri sono in via di soluzione. Certo, c’è ancora da fare, a livello di sviluppo. Ma la prima fase, i due anni di stabilizzazione annunciati dal presidente, sta ormai per concludersi. Adesso inizia la fase della crescita, con le riforme strutturali necessarie per riportare il Paese sulla via della prosperità che conobbe più di un secolo fa. Non ci sono vie di mezzo. O si cambia davvero, o si resta prigionieri del passato”.