PARIGI - Appuntamento a Parigi per i business leaders dei tre maggiori paesi manifatturieri europei (Germania, Francia e Italia) con i rispettivi ministri di governo (per l’Italia il ministro agli Esteri Antonio Tajani, e al Made in Italy, Adolfo Urso) e i massimi rappresentanti delle istituzioni europee.  

La sesta edizione del Business Forum Trilaterale, il 21 e 22 novembre, sarà infatti ospitata dal Medef (Mouvement des Entreprises de France) presso la sua sede di Avenue Bosquet. Qui sono attesi i vertici della tedesca Bdi e della nostra Confindustria ma anche il premier francese Michel Barnier, la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola (la presenza della presidente Ursula von der Leyen è ancora in forse) il vicecancelliere e ministro all’economia tedesco Robert Habeck e il suo omologo francese Antoine Armand.  

Presenze istituzionali importanti per un Forum che, per le tre confederazioni imprenditoriali, è diventato negli anni un momento imprescindibile di dialogo e di confronto. Un momento ancora più cruciale e atteso oggi, alla luce dell’accordo raggiunto tra le forze di maggioranza dell’Europarlamento sulla seconda commissione Ue a guida von der Leyen e, soprattutto, in vista dell’arrivo del repubblicano Donald Trump alla Casa Bianca. 

Nelle intenzioni del Medef il sesto Forum, viste le poste in gioco, dovrà soprattutto evitare di fare “un buco nell’acqua”. Solo pochi giorni fa, la Confidustria francese ha fatto parlar di sé lanciando il “Fronte economico” per la definizione di nuove politiche più favorevoli al business. Un collettivo composto da dirigenti d’azienda, economisti e think tank con un duplice obiettivo: riportare la “razionalità nel dibattito economico”, mettendo da parte approcci dogmatici e ideologie, e far sentire la voce degli imprenditori in un momento in cui anche l’economia nazionale non sta brillando e le politiche di Emmanuel Macron deludono. 

Al centro dei numerosi interventi in programma nella due giorni di Parigi non a caso figura la “road-map” per la competitività europea, ovvero la strada che il Continente dovrà assolutamente percorrere, a ritmi serrati, per rilanciare la propria economia e affrontare le sfide globali. Una strada quasi obbligata - come ha suggerito il rapporto dell’ex premier Mario Draghi - se l’Ue non vorrà auto condannarsi all’irrilevanza, politica ed economica. Gli addetti ai lavori, nelle Capitali Europee e a Bruxelles, lasciano intendere che Il Continente non può più permettersi di perdere altro tempo: urge agire, possibilmente prima dell’estate. Da questo punto di vista, come ha sottolineato lo stesso Draghi, l’elezione di Trump alla presidenza Usa non può che fungere da pungolo ai fianchi dell’Europa per rispondere a debolezze che sono oramai storiche. 

Dietro l’angolo, c’è anche un altro appuntamento cruciale per l’UE: il Consiglio Competitività del 28 novembre, quando i ministri dovranno approvare le conclusioni del Consiglio sul futuro della competitività europea, basate per l’appunto sul rapporto Draghi “Eu competitiveness: Looking ahead”. Inutile menzionare quanto sia importante per l’industria europea portare a casa il risultato ed evitare compromessi al ribasso.  

In gioco c’è il futuro, oggi molto incerto, dell’automotive europeo, e del commercio soprattutto per Italia e Germania, i due Paesi europei più esposti al rischio di nuovi dazi da parte Usa. Ancor più preoccupante, ci sono interi comparti a rischio di sopravvivenza sul mercato se alcuni strumenti introdotti nel pacchetto Fit for 55, per ridurre le emissioni di carbonio su determinate categorie di prodotti, dovessero essere definitivamente introdotti nell’Ue dal prossimo anno. 

Sotto gli occhi dei partecipanti del Trilateral Business Forum finiranno, ancora una volta, dati che non lasciano spazio a illusioni: in poco più di 10 anni il divario economico, in termini di crescita e dimensione, tra Usa e Ue è diventato impressionante. Se nel 2010 i Pil di queste due aree del mondo erano più o meno equivalenti, oggi il Pil dell’Ue è circa il 65% di quello statunitense.  

L’Europa - secondo i principali istituti statistici - ha perso inesorabilmente terreno in termini di competitività ma anche come quota del commercio globale, riflesso di una manifattura europea che è stata sostanzialmente travolta dalla crescita più aggressiva e rapida di Cina, India e Stati Uniti. Anche il Business Forum di Parigi farà risuonare la sua “wake-up call”.