Per guardarsi dentro e far sì che desideri, dolori e stupore possano ogni volta emergere, Aldo Rosa ha deciso, fin da piccolissimo, di affidarsi al pennello. E mentre mi mostra entusiasta il catalogo che raccoglie le centinaia di opere, disegni e schizzi realizzati nel corso degli ultimi settanta anni circa, si lascia guidare dalla nostalgia di un tempo lontano, ma mai dimenticato, dalla memoria di emozioni mai perdute, immobilizzate nella sua anima e sulla tela.
Originario di Roma, Rosa è cresciuto nel quartiere di Torpignattara, a quattro chilometri dalla Stazione Termini. Ricorda quei giorni con un caldo e accogliente sorriso perché era “giovane e libero, e non c’è cosa più bella al mondo”.
Influenzato dalle meraviglie della Città Eterna, dove ogni angolo è teatro e vita, ha iniziato a darsi all’arte da bambino quando è rimasto tragicamente coinvolto in un incidente che ha strappato la vita di suo padre. Seguendo in qualche modo anche le orme di suo fratello Antonio Rosa, pittore dalla formazione classica, ha cominciato a esprimersi in colori e sfumature.
A diciotto anni, la sua prima mostra con il dipinto La fine di un paio di scarpe.
“Cercavo in qualche modo di metabolizzare ciò che mi era successo da bambino e l’assenza di mio padre. E forse, ero alla ricerca di me stesso – spiega –. Anche un paio di scarpe, prima o poi, arrivano al traguardo della loro ‘vita’. Tutto finisce”.

Rosa davanti al suo dipinto La fine di un paio di scarpe, alla sua prima mostra a Roma nel 1963, all’età di diciotto anni
Nonostante la sua prolifica produzione artistica – che include anche una meravigliosa scultura in bronzo sul Sommo Poeta, Dante Alighieri, realizzata nel 1967, e un ritratto del Papa Buono che si è aggiudicato il terzo premio all’allora competizione d’arte del Vaticano –, Aldo Rosa è costretto “a diversificare la sua professione”.
“Anche durante il servizio militare a Santa Maria Capua Vetere, in Campania, ho realizzato centinaia e centinaia di ritratti dei miei compagni, solo per il semplice piacere dell’arte – racconta –. Ma per ‘sopravvivere’, al ritorno a Roma, ho cominciato a fare il rappresentante di poltrone elettriche in tutta Italia”.

Una scultura in bronzo del grande poeta italiano, Dante Alighieri
Nel 1969, Rosa è rimasto folgorato da un annuncio alla Stazione Termini che esortava gli italiani a trasferirsi in Australia con 17,500 lire e la richiesta di residenza di almeno due anni.
“Avevo un lontano cugino Down Under e quindi ho deciso di partire – continua –. Ho speso 700mila lire di liquidazione dal lavoro precedente per rifarmi completamente il guardaroba e sono arrivato a Melbourne con soli 17 dollari in tasca”.
Ma il nuovo continente era “selvaggio” e le possibilità lavorative erano svariate, ma decisamente ostiche. Aldo Rosa si è infatti ritrovato immediatamente catapultato in una cupa fabbrica di sigarette: “Un lavoro terribile. Non c’erano maschere all’epoca e si assorbiva la puzza debilitante, mentre il caldo ti bruciava il viso; ti sentivi male”, ricorda. Poi, per quattro mesi alla Carlton & United Breweries e una breve esperienza a Sydney, per far visita a un amico arrivato dall’Italia, al locale Mamma Maria “a fare pepperoni pizze agli americani che giungevano dal Vietnam”.
L’intenzione unica era però quella di far ritorno a Roma; non c’era nulla che l’aveva convinto a continuare il suo percorso di vita in Australia. Per pagare il biglietto, Rosa ha quindi lavorato per diversi mesi in una miniera nel Northern Territory, al nastro trasportatore per controllare la bauxite.
“Era tutto incluso; con un centinaio di dollari a settimana avevo vitto e alloggio, ma il clima ti ammazzava e sono quindi tornato a Melbourne”, aggiunge.
Il suo destino era però già segnato e, in una serata alla San Remo Ballroom, ha conosciuto il suo più grande amore, una giovane donna originaria di Giovinazzo, in Puglia.
“Filomena Fiorentino – dice profondamente commosso –, appena l’ho vista, sono rimasto paralizzato. Era bellissima. Le ho chiesto di ballare e ricordo benissimo il momento in cui l’ho stretta tra le braccia: aveva il profumo e la freschezza di un fiore. Dopo la serata, ho camminato a piedi fino a Elgin Street, mi sono seduto su un gradino a guardare nel vuoto. Avevo preso un colpo di testa”.
E da allora, infatti, non se n’è più separato e l’amore ricambiato è giunto a compimento con il matrimonio nel 1974, un’intima cerimonia nel giardino di famiglia e un menù preparato dallo chef dell’allora celebre Café Florentino.

Una foto d’archivio dal matrimonio di Aldo Rosa con sua moglie Filomena Fiorentino nel 1974
Ormai stabile a Melbourne, Rosa ha trasformato una collaborazione nell’azienda di suo cugino – che vendeva lampade e lampadari – in un’azienda all’avanguardia con prodotti importati dall’Italia. ‘ItalStyle Lighting’ ha dettato moda nel mondo del design delle luci in Australia per decenni, prima dal suo piccolo ufficio a North Melbourne e poi con lo showroom e una fabbrica a Brunswick.
“Facevo il tassista all’epoca e quindi portavo i lampadari nel bagagliaio dell’auto e cercavo di venderli in giro. Poi, d’improvviso, mi sono ritrovato a distribuire i miei prodotti nei più grandi magazzini del Paese – racconta –. Per convincerli a vendere le mie creazioni nei loro negozi, ho comprato circa settanta scatole vuote e le ho accatastate in fabbrica come a mostrare la quantità eccezionale di campioni in magazzino. Noi romani abbiamo una marcia in più!”.
Gli anni si sono poi susseguiti un dopo l’altro con una rapida crescita dell’azienda che contava circa quindici dipendenti – sua moglie sempre accanto ad assisterlo in ogni aspetto dell’attività – e i continui viaggi tra Europa e Australia per acquistare le novità dell’epoca e realizzare pezzi unici a Melbourne.
Un passaggio al settore commerciale, che gli ha permesso di “stringere contratti solidi”, e poi la vendita dell’azienda tre anni fa per stare accanto a sua moglie, in ogni attimo della giornata, durante la sua lunga e dolorosa battaglia contro il cancro che è durata circa ventitré anni. “Mi ha lasciato l’anno scorso, ma è ancora qui con me. Lei mi ha dato sempre la forza e continua a farlo ancora oggi”, racconta commosso.
Nel 2016, dopo quarant’anni dall’ultima volta in cui ha stretto un pennello tra le mani, ha deciso di fare un regalo ai suoi nipoti realizzando dei ritratti speciali. Da allora, non ha più smesso.
Oggi le sue estese tele prendono ispirazione dai fatti d’attualità e dalle sue sensazioni intrinseche.
Ancora in mostra alla Victorian Artists’ Society a East Melbourne con la sua prima personale a Melbourne dopo la lunga pausa, Aldo Rosa spera che la sua pittura possa tornare a far riflettere il prossimo.

La scultura in bronzo JFK, del presidente John Fitzgerald Kennedy, che si è aggiudicata il secondo premio alla mostra della Victorian Artists’ Society
E, con la scultura in bronzo dedicata al presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy, si è di recente aggiudicato il secondo premio conferito dalla stessa società d’arte del Victoria.
“Un’americana a Roma mi ha regalato un libro su Kennedy nel 1969. Operato di appendicite poco dopo, dal letto d’ospedale, ho deciso di leggerlo. Mi ha affascinato così tanto che nel 1969 ho trasformato il suo viso in una scultura”, spiega.
Da New generation, opera ispirata alle nuove generazioni perse spesso nello schermo di un cellulare – “Mi è costata ben 802 dollari di multa perché, ispirandomi ad alcuni passanti a Sydney Road, ho deciso di parcheggiare bruscamente, togliermi la cintura di sicurezza per scattare una foto”, racconta – a Picnic at the Melbourne Cup che è oggi in vendita alla Victorian Artists’ Society per 10mila dollari.

Il dipinto Picnic at the Melbourne Cup, in vendita alla personale di Aldo Rosa presso la Victorian Artists’ Society per 10mila dollari. I proventi saranno devoluti alla ricerca sul cancro
“Li devolverò alla ricerca sul cancro – aggiunge emozionato –. Ho ripreso a fare arte in maniera del tutto spontanea. La mia pittura mi parla e vorrei che parlasse anche a chi la ammira. Mi alzo spesso alle due di notte per dipingere. Se non mi piace ciò che sto realizzando, mi allontano, fumo un sigaro, ritorno alla tela e la osservo. Riprendo e dipingo con i miei tempi”.