Un’estate in giro per l’Italia a tutto blues e non solo, in una dimensione bellissima che si è cercato sin da ragazzino fra Jimi Hendrix e Steve Vaughan passando per Carlos Santana e Paco de Lucia. Fino a miscelare tutto e metterci del suo, per diventare Alex Britti, uno dei chitarristi italiani più bravi.

Sono usciti in questi giorni due nuovi singoli del musicista e cantautore romano cresciuto a Monteverde, “Tutti come te” e “Nuda”... “Sì. Sono stati fatti uscire due singoli in contemporanea -perché danno l’idea di quello che sarà poi l’album che verrà. Io cerco di essere poliedrico: mi piace il blues, il blues in tutti i suoi stili. Poi ovviamente il rock e il pop. ‘Tutti come te’ è un po’ una sorta di gospel divertente, allegro. ‘Nuda’ è più hendrixiano, psichedelico, un po’ più rock. Sono due aspetti dello stesso stile di musica e ce ne saranno ancora di queste cose nell’ album. Ora sono usciti questi due singoli per dare un assaggio”.

Venticinque anni fa hai fatto ballare tutti con “Solo una volta (o tutta la vita)”,  che rapporto hai ancora con quel successo? 
“È un bel rapporto, quel brano non salta un concerto, ogni volta che lo suono lo ballano. ‘Solo una volta’ è stato una delle mie chiavi d’accesso e gli sono molto riconoscente”. 

Era un pezzo un po’ pop, e tu ami il blues…
“Ma noi viviamo di stati d’animo anche a seconda dei  momenti della giornata. Come pubblico o da utente, dico che a me piacciono blues e jazz allo stesso modo, da ascoltatore posso dire che mi piace il pop.  Perché mi piace anche ascoltare altre cose. Noi siamo fatti di quello che mangiamo cosi come  produciamo quello che ascoltiamo. Io sono onnivoro… Ascolto tante canzoni, non solo blues e jazz e anche quando scrivo ogni tanto sento l’esigenza di altro. Con gli anni poi, ho imparato ad affinarmi e in studio, quando produco, riesco a mantenere un suono più blues anche perché sono cambiati i tempi, i mezzi. Oggi ho ripreso la chitarra elettrica perchè ne sentivo l’esigenza e sono contento di averlo fatto. Prima usavo l’acustica che ti rende piu cantautore. Sia la canzone più leggera che il blues e o il jazz più ‘intrippato’  fanno parte della giornata di una stessa persona, cioè il sottoscritto. Io che sono utente, fan, pubblico e musicista”.

E quel singolo famosissimo “Oggi sono io” divenuta poi una cover interpretata dalla grande Mina, che effetto ti ha fatto ascoltare quella versione?
“Eh beh, è una bella sensazione. All’epoca ero uscito da poco, ero considerato un cantante per i ragazzini, ‘Oggi sono io’, invece, ha messo d’accordo tante persone e quando l’ha cantata Mina ha allargato la forchetta dell’utenza:  il pubblico più adulto ha sentito Mina e poi è andato a vedere la mia discografia e si è accorto che avevo anche altro, non avevo solo canzoni più leggere. C’era sempre stata questa cosa… Ma le canzoni da mandare in radio le scelgono la casa discografica e le radio”.

Oggi viviamo un’epoca in cui la musica in classifica è sempre meno suonata, credi sia una deriva irrecuperabile o c’è ancora spazio per chi vuole fare musica con uno strumento in mano?
“Sì, effettivamente oggi c’è meno strumentismo, tutto è molto prodotto, più computerizzato. Ma fa parte dei tempi che viviamo. Non è cambiata la musica ma il mondo in cui si fa. Siamo più digitali, andiamo su Instagram. Vent’anni fa prendevi la metro e tutti leggevano il libro o il giornale. Oggi stanno tutti con il telefonino o l’Ipad in mano. Il mondo è cambiato e la musica gli è andata dietro com’è sempre accaduto: arte, musica, cinema, pittura,  rappresentano il periodo storico che si  vive. E tanti giovani cantanti rappresentano questo momento storico. Noi possiamo essere o non essere d’accordo ma abbiamo avuto il nostro periodo, ora devono averlo loro. A volte è difficile interagire e trovare punti fermi sulle cose di oggi ma anche mio padre faceva fatica a capire quello che ascoltavo quando io ero ragazzino. Diceva che Hendrix era un caciarone, spaccava le chitarre e gli dava fuoco e che la sua non era musica ma solo rumore… Quindi, lungi da me fare la stessa cosa oggi: se una cosa non ti arriva, può essere che è sbagliata ma anche che sei tu a non capirla. Io mi metto sempre in discussione. Oggi, non tutto quello che arriva mi piace, però ci sono delle cose buone. Intanto preferisco i rapper ai trapper”.

Uno in particolare? Uno che si avvicina più a te?  
“Non c’è qualcuno in particolare che mi somiglia, sono cose diverse appunto. Faccio parte di un altro periodo come ho detto. Mi piace per esempio Salmo. Ci avvicina il rock anche se veniamo da mondi diversi: il blues diventa rock, lui viene dal punk rock  che diventa parlato e rap, quindi abbiamo punti in comune. Mi divertiva molto la Dark Polo Gang, mi facevano sorridere e ridere. Poi io non giudico. Quando sento i testi che non sono scritti per uno della mia generazione mi viene da sorridere e penso che in fondo è giusto cosi. È giusto che quei testi debbano parlare in quel modo perché fanno parte di quel tipo di generazione. A giudicare siamo capaci tutti, mentre a fare, di meno”.