“Volante 1 a Volante 2, chiamo io o chiama lei?”: si ride ancora a pensare a quelle frasi, illogiche, goliardiche come si usava allora. Sembrano davvero lontani i tempi dell’intrattenimento spensierato che riuniva davanti alla televisione, dava vita a tormentoni che poi nel parlare quotidiano si rilanciavano talmente li avevi fatti tuoi.
E sono tutti oggi a ricordarli per l’addio a Alfredo Cerruti, 78 anni (era nato a Napoli il 28 giugno 1942), produttore discografico, autore televisivo, personalità carismatica, fidanzato di Mina a metà anni‘70, voce inconfondibile di quegli sketch e fondatore degli Squallor, gruppo rock demenziale che ha pubblicato ben 35 album, dai titoli espliciti come “Arrapaho”, “Pompa”, “Mutando”, essendo tra l’altro stato censurato dalle radio.
“Starà nei cieli a guidare la sua Volante” ha detto Renzo Arbore profondamente addolorato e commosso per la scomparsa dell’amico di una vita. Cerruti è stato con Arnaldo Santoro uno degli autori di “Indietro Tutta!”, il programma cult di Rai2 dello stesso Arbore e Ugo Porcelli di fine anni ‘80, ma la loro conoscenza e frequentazione era al di là degli studi tv.
“Addio al nostro amico Alfredo, prima di tutto mitico e poi autore, comico volontario e originale, come solo da Napoli possono uscire. Alfrè, buon viaggio e arrivederci alla prossima vita. TVB.” è stato il commiato di Marisa Laurito.
Cerruti aveva cominciato come produttore discografico nel 1962 nella società Edizioni Adriatica, dal 1970 direttore artistico della Cbs, dal ‘76 alla Cgd e poi dal 1982 alla Ricordi. “Aveva un talento incredibile nello scovare gli altri talenti: persone come Gigliola Cinquetti o i Pooh furono sue scoperte”, ha proseguito Arbore.
Parallelamente alla sua carriera di produttore e di autore nel 1971, fondò gli Squallor insieme ai parolieri Giancarlo Bigazzi (“Rose rosse”, “Montagne verdi”, “Lisa dagli occhi blu”, “Ti amo”, “Gloria”, “Si può dare di più”) e Daniele Pace (“La pioggia”, “E la luna bussò”, “Nessuno mi può giudicare”), al musicista Totò Savio (“Cuore matto”, “Erba di casa mia”, “Maledetta primavera”) e al discografico Elio Gariboldi. L’idea era più che goliardica, il successo incredibile basti pensare che ancora oggi c’è un fan club attivissimo e che in molti si ritroveranno a cercare cassette vintage con scritto a biro “le perle degli Squallor”, canzoni non sense (“Era il 38 luglio e faceva molto caldo...”, dal primo album “Troia” o “Cornuton” che durante il lockdown è stata a lungo cantata a Napoli dai balconi), con l’inconfondibile voce recitante di Cerruti. Per brevi momenti hanno fatto parte della band anche Gianni Boncompagni, il bassista dei Pooh Red Canzian e Gigi Sabani. La popolarità del gruppo fu tale che girarono anche due film: “Arrapaho” e “Uccelli d’Italia”, entrambi diretti da Ciro Ippolito.
“Quelle canzoni che dissacranti era dir poco” esprimevano l’assoluta libertà di una parte della cultura degli anni ‘70, andavano contro perbenismo e ipocrisia. Per lo sketch del professor Pisapia mi telefonò un giorno - ha raccontato ancora Arbore - Giuliano Pisapia, che poi è stato sindaco di Milano. Per le scale dell’Università Statale lo sbeffeggiavano: ‘Chiamo io o chiama lei?’ e mi pregò di cambiare nome al personaggio”. In un’intervista recente Cerruti spiegava così da direttore discografico la nascita degli Squallor: “Avevo sempre a che fare con i rompiscatole. Evadere dalla realtà con il gioco era terapeutico. Se escludo Johnny Dorelli e Pierangelo Bertoli, due signori e due uomini di rara simpatia, fatico a ricordare cantanti che amavo frequentare nel privato. Per me erano più noiosi del Fado di Amàlia Rodrigues. Gli Squallor furono una reazione al nostro universo di riferimento. Dopo una riunione con i Pooh, riunirmi con gli amici e dissacrare rappresentava un’esigenza”.
In un’intervista sul finire degli anni ‘70, parlando proprio della band Cerruti aveva dichiarato: “Siamo solo più sinceri degli altri, parliamo come parlano ora anche i ragazzini, con gli stessi termini che la gente usa in fabbrica, in ufficio e, certo, anche in caserma. In più facciamo ridere, e molto. Noi stiamo alla canzone tradizionale come il cinema realista di oggi sta a quello sdolcinato di ieri. Solo che nella musica leggera stiamo ancora indietro. Quando un ragazzo fa la corte a una ragazza, è giusto che ascolti le cose romantiche di Lucio Battisti o di Julio Iglesias. Ma quando l’ha riaccompagnata a casa, e sta insieme agli amici, non dice mica “Acqua azzurra, acqua chiara”: dice “porco c....” e “porca p......”. Tutto qui. Adesso che il turpiloquio è il linguaggio comune, torneremo all’antico; nel prossimo disco non ci sarà neppure un doppio senso”.
Gli Squallor hanno raccolto un notevole riscontro di pubblico, nonostante l’iniziale mancanza di promozione diretta, il non esser mai apparsi pubblicamente per esibirsi in una loro canzone e un’inevitabile censura da parte delle radio (escluse poche emittenti locali. Il maggior successo commerciale degli Squallor è stato l’album del 1985 “Tocca l’albicocca”, dovuto alla presenza del singolo “USA for Italy” (parodia del progetto USA for Africa e della famosa “We Are the World”), con un testo che, rinunciando per una volta al consueto turpiloquio, aveva ottenuto il lasciapassare per essere diffuso via etere.