I laburisti sono il centrodestra, la Coalizione è la destra, i verdi sono i socialdemocratici. Il leader del partito che non vuole più essere semplicemente identificato solo come un movimento ambientalista, Adam Bandt, ha dipinto più o meno così il quadro politico australiano. 

‘Due partiti quasi uguali come programmi che, alle prossime elezioni, dovranno fare i conti con gli unici che hanno veramente a cuore la gente comune e hanno il coraggio di difenderla da sempre maggiori diseguaglianze sociali’, ha spiegato il rappresentante del seggio di Melbourne - in un’intervista condotta dal quotidiano The Australian -, parlando di una serie di proposte diverse e di un approccio politico completamente indipendente anche nel contesto internazionale.

Niente compromessi, niente dipendenze dagli Stati Uniti in particolare, specie ora che l’ipotesi del ‘Trump 2’ alla Casa Bianca sta diventando sempre più probabile e sia i laburisti, sia la Coalizione si stanno già preparando ad accettare questa eventualità ‘mettendo nelle mani di un personaggio estremamente pericoloso il nostro futuro nel campo della Difesa’, ha detto il leader dei verdi. Nel suo credo politico quindi niente  AUKUS (l’intesa con Washington e Londra sui sommergibili nucleari), revisione del patto ANZUS (con Stati Uniti e Nuova Zelanda), netta svolta anti-Israele sulla questione palestinese in generale e su quanto sta succedendo nella striscia di Gaza in particolare (durissime le accuse rivolte al primo ministro Anthony Albanese  di essere addirittura ‘complice0 di un genocidio), niente  combustibili fossili ovviamente in campo energetico e le tasse le pagheranno le multinazionali e le maggiori aziende del Paese perché alle prossime elezioni Bandt porterà quella che ha definito ‘la piattaforma Robyn Hood’. Toglierà insomma più di qualcosa, via imposizioni fiscali maggiorate, ai ricchi (e per ricchi intende le grandi compagnie) per poter potenziare i servizi sociali “così tutti potranno avere una vita migliore”.

No al gas, no al carbone e naturalmente no al nucleare, più investimenti nella sanità con il Medicare che includerà anche le cure dentistiche, asili nido gratuiti come le università e i corsi professionali (TAFE), con sussidi per gli studenti. Più case popolari, tetto degli affitti perché un terzo della popolazione australiana non può più permettersi di acquistare una propria casa. Un nuovo quadro sociale quello che si appresta a disegnare Bandt, che ha assicurato di non avere   alcuna intenzione di scendere a compromessi e negoziare intese, come il suo partito ha fatto nell’ACT, chiedendo (in caso di un governo di minoranza a livello federale) incarichi ministeriali formando una partnership con i laburisti che sono invece nel mirino dei verdi in numerosi seggi. 

Da soli contro tutti in una prova – secondo il leader di una presunta terza via - di raggiunta maturità e completa indipendenza politica, che rispecchia i tempi e i valori del suo schieramento. “Il bipartitismo ha fatto il suo tempo, ha insistito Bandt, e lo stanno dimostrando i risultati, elezione dopo elezione, con un terzo degli elettori che vota laburista, un terzo che opta per i conservatori e un terzo che rivolge le sue attenzioni a verdi, indipendenti e partiti minori”.

Punta in alto il leader ambientalista, assicurando che è passato anche il tempo di accontentarsi ad un ruolo di arbitri nel Senato, ma che i verdi alle prossime elezioni punteranno con convinzione a diventare protagonisti anche nella Camera dei deputati, dichiarando guerra aperta ai laburisti nei seggi di: Wills, Macnamara, Cooper e Higgins nel Victoria; Morton e Lilley a Brisbane; Richmond nel New South Wales e Perth nel Western Australia. Nel mirino anche i collegi liberali di Sturt nel South Australia e Bonner in Queensland. 

Non solo cambiamenti climatici e ambiente in generale, ma economia, diseguaglianze e alloggi nella ‘piattaforma Robyn Hood’, perché i verdi sono ormai diventati una reale alternativa ai laburisti, sostiene Bandt, che mostra almeno un po’ di realismo quando ammette qualche preoccupazione per le ipotizzate conseguenze pratiche delle dimissioni dall’ALP della senatrice Fatima Payman, con la possibilità di candidature di rappresentanti del ‘Muslim Vote’ in seggi laburisti e sulla lista per il Senato. Una nuova realtà politica, se si dovesse materializzare, che rischierebbe di togliere voti non solo al partito di governo, ma anche ai verdi. Un pericolo, comunque, che sembra si stia già affievolendo con divisioni e indecisioni, all’interno del movimento musulmano in questione, sul come procedere e sulla scelta di candidati che abbiano una minima possibilità di successo, dopo che erano già state ipotizzate sfide dettate da una forte protesta per una presunta debolezza laburista nei confronti di Israele sulla questione palestinese, nei seggi di Blaxland (detenuto dal ministro dell’Istruzione  Jason Clare) e Watson (del ministro per le Relazioni industriali e l’impiego, Tony Burke) oltre che Wills, dove i verdi pensano di avere buonissime possibilità di scalzare Peter Khalil, grazie all’ex leader del partito nel Victoria, Samantha Ratnam.

Grandi manovre, grandi ambizioni con almeno 100 nuove proposte legislative già inviate all’apposito ufficio parlamentare (Parliamentary Budget Office) per una valutazione indipendente dei costi di attuazione, a dimostrazione di una piattaforma programmatica in avviata fase di costruzione “perché è passato il tempo del movimento di protesta” e, a detta di Bandt, i verdi sono entrati in una nuova era di crescita che dovrebbe attirare l’attenzione degli scontenti, dei giovani e di tutti coloro che i laburisti e i liberali, “fermi nel tempo”, hanno perso di vista e non rappresentano più. In discussione, a questo punto, anche gli accordi sui voti preferenziali e il quasi automatismo dello scambio verdi-ALP. 

Maggiori partiti quindi avvisati, ma anche gli elettori.