L’azienda di famiglia e il suo passaggio generazionale non è solo la consegna di un “posto di lavoro”, ma il dono di ciò che si è creato nel corso di una vita, a chi quell’azienda ha il compito di conservarla e tramandarne il nome. Più che di finanza si parla di passione, scelta di vita, impegno costante nell’onorare quella fiducia che i nonni o i padri hanno riposto nei figli. Lo sa bene Felice, per gli amici Phil, Coluccio che, a 19 anni, ha deciso di affiancare il padre nella gestione dell’attività di famiglia: Adriano Coluccio Funeral Services. “L’ho fatto per passione. Perché nelle vacanze scolastiche trascorse ad aiutare mio padre, ho sentito la soddisfazione che ti dà il saper essere vicino alle persone che soffrono e a dare loro il conforto di cui hanno bisogno”.
Felice, che porta il nome del nonno paterno emigrato dalla Calabria in cerca di fortuna, prima di cominciare ufficialmente la sua esperienza al fianco di papà Adriano, ha trascorso parte delle sue vacanze di studente lavorando per imparare il mestiere ma, soprattutto, “per capire se facesse per me. Perché la prima cosa che mio padre mi ha detto quando ho cominciato ad assisterlo è stata che questo non è un lavoro per tutti. Si può fare solo se si ha passione e si sa capire e aiutare le persone. Io amo l’aspetto sociale che si cela dietro questa professione e, a essere onesto, l’aver avuto l’opportunità di fare esperienza con tante fantastiche persone che compongono quella che più di una squadra di lavoro è una piccola famiglia, mi ha dato l’opportunità di capire tante cose e di essere convito, appena conclusi i miei studi, che questo è quello che volevo fare da grande”.
Oltre alla passione per il suo lavoro, Phil ha ereditato dal padre, che nel 2010 ha dato vita alla compagnia che porta il suo nome, il senso degli affari e la capacità di capire il mondo che gli gira intorno, soprattutto quello influenzato dal Covid-19 “che ha portato grandi cambiamenti ovunque. Noi lavoriamo in tutto il territorio di Sydney e in questi mesi abbiamo visto che ci sono state attività che – spiega - non hanno subito perdite, altre che addirittura hanno incrementato il loro profitto, e molte che, invece, hanno dovuto fare i conti con un momento drammatico. Guardiamo all’ospitalità, ad esempio. Ci sono locali che hanno dovuto chiudere, tagliare posti di lavoro, sopravvivere in attesa di tempi migliori… per loro è stata molto dura. E bisogna capire cosa succederà quando le sovvenzioni economiche del governo finiranno. Lì forse avremo una fotografia più precisa dell’impatto del Covid-19 sulla nostra economia".
"Sempre ammesso che non ci siano nuovi lockdown, perché quelli sarebbero colpi deleteri. Forse definitivi per molti. Però, oltre all’aspetto economico - spiega Phil - vorrei sottolineare quanto sia stato drammatico l’impatto sociale che il virus ha portato con sé. L’isolamento cui sono stati costretti molti anziani è stato drammatico e non può lasciare indifferenti chi, come me, è sempre stato abituato a condividere la sua vita con una famiglia allargata che comprende bambini e nonni e che è cresciuto con quella cultura tutta italiana che insegna a portare sempre il massimo rispetto e la massima cura di chi ha più anni di noi. Senza parlare di quanto sia stato umanamente difficile dover dire, a quanti volevano partecipare al funerale di un parente, che non potevano causa restrizioni sociali dovute al Covid. Io sono una persona molto empatica e so che cosa vuol dire per loro non poter salutare un proprio caro per l’ultima volta. Porto con me sempre un insegnamento che mio nonno ha passato a mio padre e mio padre a me: saper ascoltare. Perché solo se si sa ascoltare si capisce fino in fondo la persona che si ha davanti e quali siano le sue reali necessità”.
L’empatia e il rapporto con la sua famiglia, per Phil, rappresentano il più grande patrimonio italiano che è giunto a lui attraverso nonni e genitori. “Papà, poi, è un italiano vecchio stampo. Tiene tantissimo ai rapporti familiari, alle tradizioni e alla cultura italiana. E con il suo modo di fare mi ha trasmesso valori importanti, come quello del lavoro duro e della passione come sale della vita. Sarà per questo, forse, che la nostra famiglia è così unita, in puro stile italiano. Io, ad esempio, spendo molto tempo con i miei cugini, andiamo in giro e organizziamo cose da fare insieme. Immancabile la visita tutti insieme alla festa italiana di Norton street”.
La comunità e la cultura italiana stanno cambiando, anno dopo anno. “Bé, non è più come quando ero bambino, questo è ovvio. È difficile per le seconde e terze generazioni portare avanti o tramandare cultura e tradizioni italiane, così come hanno fatto gli emigrati di prima generazione, come mio nonno. Però - conclude - posso affermare con certezza che per tutti noi, australiani di origine italiana, le nostre radici restano e resteranno sempre un orgoglio”.