BRUXELLES - “Abbiamo deciso di fare uno sforzo supplementare, i negoziatori sono tornati a discutere a Bruxelles per capire se le differenze si possono superare”: lo ha detto la presidente della Commissione dell’Unione europea, Ursula von der Leyen, al termine di una conversazione telefonica con Boris Johnson. “Pur riconoscendo la gravità delle differenze, abbiamo convenuto che i nostri team negoziali dovrebbero intraprendere un ulteriore sforzo per valutare se possono essere risolti”, ha aggiunto. 

Al momento di andare in stampa, resta ancora incerta la possibilità di trovare un accordo commerciale fra l’Unione europea e il Regno Unito a meno di un mese dalla fine del periodo di transizione post-Brexit. Il capo negoziatore Ue, Michel Barnier, ha messo in guardia i 27 Stati membri riferendo sullo stato di avanzamento dei negoziati in corso fra Bruxelles e Londra.

Le divergenze - secondo quanto si apprende - restano sulla pesca, sull’allineamento normativo a garanzia di una concorrenza commerciale leale (il cosiddetto “level playing field”) e sulla governance del futuro accordo. E a pesare non sono solo le residue linee rosse delle due parti sui dissidi cruciali rimasti da districare, ma pure l’improvvisa minaccia di Parigi di “un veto” in caso d’intesa insoddisfacente per la Francia su uno dei temi in sospeso: quello dei diritti di pesca europei nelle acque d’interesse nazionale britannico.

Il primo ministro britannico Johnson, comunque, resta “ottimista” che un accordo di libero scambio con l’Ue possa essere raggiunto in extremis nei negoziati in corso sulle relazioni future post-Brexit. Lo ha detto la portavoce del premier Tory britannico, Allegra Stratton, ribadendo che Johnson si sente “a suo agio anche” con la prospettiva di un no deal e di relazioni commerciali regolate dalle norme della Wto come accade fra Bruxelles “e l’Australia”. Sia come sia, difficile immaginare che il dilemma resti sospeso ancora. Oggi, lunedì, il governo Johnson ha in programma di riportare alla Camera dei Comuni, per aggirare il veto di quella non elettiva dei Lord - il testo del contestato Internal Market Bill, che rivendica al Regno Unito il potere di violare il diritto internazionale e modificare unilateralmente alcuni punti dell’intesa di divorzio raggiunta faticosamente l’anno scorso con l’Ue (in particolare sui controlli ai confini irlandesi), in assenza di svolte sui commerci futuri. Legge che, se approvata definitivamente, potrebbe segnare davvero il punto di non ritorno.