CASACALENDA - “Non voglio diventare una star, non cerco la fama. Voglio solo fare qualcosa che svegli le coscienze”. È con questa dichiarazione che Andrea Ramolo, artista italo-canadese nata a Toronto da genitori molisani, sintetizza la sua visione dell’arte come strumento di impegno civile e trasformazione sociale, anziché percorso verso la popolarità.

Una visione che informa il suo lavoro musicale, cinematografico e culturale, e che la accompagna oggi nel suo ritorno in Molise, dove partecipa al Festival Molise Cinema (Casacalenda) in veste di giurata e ospite, non solo per presentare un proprio cortometraggio ma anche per esibirsi in concerto.

Un’esperienza che sembra segnare, per lei, un punto di svolta: “Per me è davvero un onore, anche perché torno al mondo del cinema dopo vent’anni. Ho passato tutto questo tempo a girare come musicista, registrando otto album. Ma io ho studiato teatro all’università, e prima ancora ho fatto l’attrice e la ballerina, prima di cominciare a scrivere e cantare i miei brani”.

La partecipazione al festival ha quindi un significato personale e artistico profondo: “Da questo momento sento che la strada si apre un po’ di più. Non sto dicendo che lascerò la musica – sarò sempre una cantante e una musicista – ma sento che in questa fase della mia vita sto entrando più profondamente nel mondo del cinema”.

La vita di Ramolo è segnata da una doppia appartenenza culturale che si riflette nella sua produzione: cresciuta in Canada, ha mantenuto un legame saldo con le radici familiari molisane, in particolare con Limosano, paese d’origine di entrambi i genitori. Un legame rafforzato nel tempo e vissuto con consapevolezza: “Da bambina mi sono sempre sentita italiana. La prima volta che sono tornata in Italia l’ho fatto con mia nonna, e in quel viaggio ho scoperto le mie radici in profondità. Per me il Molise è il centro del mondo, perché da qui vengono tutti i miei fantasmi, i miei antenati – sia dalla parte di mamma che di papà. C’è una magia in questa terra. Una magia silenziosa, ma intensa”.

Questa sensibilità verso le radici ha influenzato anche la sua ricerca musicale, che fonde elementi del folk canadese con le sonorità popolari mediterranee: “Ho scoperto che i suoni mediterranei sono più dentro di me rispetto a quelli del folk canadese”.

Un momento cruciale in questa scoperta è stato il periodo trascorso in Puglia dopo la morte della nonna, durante il quale ha collaborato con la band salentina Kalàscima. “Da loro ho imparato tanto: la leggenda, la tarantella, la pizzica, la Taranta… C’è un lato profondamente femminile in questa musica, addirittura femminista. Anticamente era una forma di guarigione. Per me lo è stata davvero”.

Da quell’incontro nasce un progetto multimediale finanziato dal governo canadese, che sfocia nella realizzazione di un album e di un documentario, The South, disponibile su Prime Video Italia. Il film collega la storia personale di Ramolo con quella più ampia della musica popolare del Sud Italia, passando per le immagini di Limosano e del Molise: “È una musica che ha un ritmo frenetico e potente, capace di mandarti in trance, di farti lasciare indietro tutto ciò che ti pesa. È una medicina, davvero. Come la danza”.

La connessione tra musica e cinema non è per lei una dicotomia, ma un dialogo naturale. “Sono assolutamente complementari. Il cinema racconta le storie, come fa la musica, solo in modo diverso. Ma l’energia è la stessa: quella che porta avanti una storia profonda, che fa provare emozioni al pubblico”. L’obiettivo, dunque, rimane costante, indipendentemente dal mezzo, ed è quello di “far sentire qualcosa, sollevare un tema, raccontare una storia che faccia riflettere e vedere il mondo in un modo nuovo”.

In questo senso si inserisce anche il cortometraggio Baby, che verrà presentato domani, venerdì 8 agosto, in anteprima italiana al Molise Cinema: “È stato il mio primo cortometraggio ufficiale. L’ho realizzato senza soldi, facendo tutto da sola: regia, scrittura, recitazione, produzione. Tutta la troupe è composta da donne, cosa importantissima per me”.

Baby affronta il tema dell’emergenza abitativa a Toronto, città in cui affitti proibitivi e scarsità di alloggi costringono molte persone a vivere per strada. Lo fa attraverso la storia di Rose, una donna che ha appena avuto un bambino e che, in un gelido inverno canadese, si rifugia in un motel economico per proteggere se stessa e suo figlio.

Il film è parte di un impegno più ampio che l’artista porta avanti anche attraverso un documentario in fase di lavorazione: “Credo profondamente che tutti, in qualunque parte del mondo, abbiano diritto a un tetto, a un pasto caldo, a una possibilità di lavoro. E in Canada oggi c’è anche un problema enorme legato alla droga. È un momento molto difficile”.

Questi temi, legati alla marginalità e alla giustizia sociale, sono parte integrante della sua ricerca artistica. Non a caso, in Canada dirige anche un festival musicale femminile e promuove attivamente la rappresentazione delle donne nel settore culturale. Al Molise Cinema si esibirà anche in concerto insieme al musicista Lino Rufo, con un repertorio che omaggia la terra d’origine attraverso le parole di Giose Rimanelli. Un’occasione ulteriore per intrecciare l’identità personale con quella artistica, in un equilibrio tra le due culture che la definiscono. “Essere italo-canadese per me significa poter recuperare questa parte italiana che mi permette di godermi la vita: il cibo migliore del mondo, due ore di chiacchiere davanti casa con i cugini, la lentezza”.

Un’identità, del resto, che si approfondisce col tempo e che dà forma a una missione creativa sempre più consapevole. “Sento nel sangue il desiderio di fare del bene, di lavorare con scopo, di aiutare gli altri. Vengo da una famiglia molto religiosa – anche se io non lo sono particolarmente – con uno zio vescovo, un altro frate cappuccino, un altro ancora prete. Tutti loro hanno dedicato la vita ad aiutare i poveri. E credo di aver ereditato da loro il desiderio di fare qualcosa di profondo attraverso l’arte. Voglio che il pubblico si chieda: ‘Cosa possiamo fare per aiutare gli altri? Cosa possiamo fare per guarirci? Cosa possiamo fare per creare un mondo migliore per tutti?’”.