Anna Rosa Pascuzzo, una donna di origini salernitane che ha legato la sua vita e la sua carriera alla cucina italiana, è riuscita a portare un pezzo del Belpaese in Australia, dove oggi è diventata un vero e proprio punto di riferimento per gli amanti della cucina genuina e tradizionale. 

Arrivata a 15 anni con la sua famiglia, Anna Rosa ha mantenuto un forte legame con le radici italiane, un amore che si è tradotto in una passione per i fornelli, tramandata di generazione in generazione, dalla nonna alla madre, fino a lei.

“Farina, acqua e uova”, sono questi i tre semplici ingredienti che, secondo Pascuzzo, stanno alla base della cucina nostrana, quella che lei definisce con orgoglio “la più buona del mondo”. 

Un’esperienza culinaria personale che affonda nella sua infanzia: Anna Rosa ha infatti soli nove anni, quando si ritrova a impastare accanto alla nonna, in un’atmosfera che non solo la avvicina alla cucina, ma che le trasmette anche quel valore di unione familiare che solo un buon piatto può creare.

“Da bambina, in Italia, dovevamo darci da fare, eravamo una famiglia numerosa e ognuno aveva il suo compito. È così che ho cominciato a inventare ricette. A volte funzionavano, altre no – esordisce Pascuzzo –. Ma in cucina, come nella vita, bisogna sperimentare e, se non va, ci si riprova, con pazienza”.

E infatti, nel 2019, un’idea germoglia nella sua mente: ogni volta che pubblica una foto dei suoi pranzi o delle cene familiari sui social, i commenti non tardano ad arrivare. 

“Cosa ci metti nel sugo?”, chiede un utente su Facebook. “Queste prelibatezze si possono comprare?”, domanda un altro. 

Così, tra mille difficoltà e dubbi, decide di lanciarsi nel mondo dell’imprenditoria. “Non sapevo da dove cominciare, se non dagli ingredienti. I permessi, le normative, l’idea di avviare una scuola di cucina erano completamente nuovi per me”.

A distanza di qualche anno, Anna Rosa ha trovato il suo posto nel cuore di Melbourne, dove gestisce un’attività che spazia dalla scuola di cucina ai servizi di catering. 

Ogni fine settimana, nelle sue lezioni, trasmette i segreti della tradizione culinaria italiana, dalla pasta fresca alle salse, fino ai dolci. 

“Le mie classi accolgono studenti di tutte le età e provenienze. Ci sono greci, tanti cinesi, italiani e italo-australiani. Ma anche gente da altre Regioni dell’Australia. È bello vedere come tutti, indipendentemente dalle origini, siano attratti dalla cucina di casa, quella che non puoi trovare nei ristoranti”, spiega con orgoglio.

Rosa racconta spesso di come molti dei suoi studenti siano persone che lavorano o che vogliono semplicemente riscoprire il legame con la propria famiglia attraverso il cibo. “Un giorno a fine lezione una signora mi ha guardato commossa e mi ha detto che la pizza che avevamo fatto assieme era proprio come quella che le preparava sua madre. Ogni anno – prosegue Pascuzzo –, all’anniversario della morte della madre, questa donna prepara lo stesso piatto per ricordarla e, per me, è davvero una grande emozione”.

Questa esperienza di riscoperta e riconnessione non è solo il cuore del suo lavoro, ma anche una dimostrazione di come la cucina possa essere un ponte fra generazioni e culture. 

“In cucina, bisogna essere come un piccolo chimico: ingredienti freschi, semplici, e poi via alla sperimentazione. Ma l’essenziale è che tutto deve partire dalla semplicità”. E in effetti la chiave del successo di Anna Rosa sembra proprio essere la genuinità.

Non solo la sua cucina, però, è il suo campo d’azione. Con il passare del tempo, la cuoca ha esteso la sua attività anche a coloro che, per motivi diversi, non hanno più la possibilità di cucinare in casa. 

“Ora cucino anche per gli anziani che sono soli – asserisce –. Preparo piatti come faceva una volta la loro mamma e li confeziono in modo che possano gustarli a casa loro. Senza conservanti, solo ingredienti freschi e naturali, come un tempo”. 

Un gesto d’amore che va oltre la semplice cucina, ma che diventa un aiuto concreto per chi, per motivi di salute o di età, non può più mettersi ai fornelli.

E nonostante le sue innumerevoli attività, c’è sempre un piatto che resta nel cuore di Pascuzzo: i ‘cavatelli’, che rappresentano la sua connessione profonda con la nonna. “Quando faccio i cavatelli, mi sembra di tornare indietro nel tempo. Mi ricordo quando mi sedevo vicino a lei, guardando come lavorava. Ogni volta che preparo questa pasta, ho la sensazione che lei sia ancora qui con me”, confessa.

I suoi piatti parlano di legami, memoria e cultura. 

Per Rosa, infatti, la bellezza di un piatto è prima di tutto un valore: quello dell’unità familiare (come “il sorriso” dei suoi otto nipotini), dell’identità e del rispetto per le tradizioni. 

Ogni lezione, ogni prelibatezza che prepara, è un invito a riscoprire e assaporare la ricchezza di un mondo che, nel frenetico scorrere dei giorni, rischia di perdersi.