“L’amore è eterno finché dura”, diceva Vinicius De Moraes, parafrasando saggiamente le disillusioni della vita moderna. Ma ci sono storie che sembrano smentirlo con la forza silenziosa dei gesti quotidiani, dei compromessi, della pazienza. Storie che non fanno rumore, ma che resistono. Come quella di Anne e Giuseppe Mimmo, un legame nato per caso su una pista da ballo e diventato colonna portante di una vita intera.
Si incontrano per caso, e si rivedono una sera d’estate australiana del 1962, in un campo da football trasformato in pista da ballo. Anne ha quasi quindici anni, Giuseppe ne ha ventidue.
Vengono entrambi da San Marco in Lamis, ma si conoscono per la prima volta a migliaia di chilometri da casa, a Lancaster, nei dintorni di Shepparton, dove vive la sua famiglia. “Mio fratello aveva una fattoria, e un giorno mi dice: ‘Abbiamo dei paesani qui; vuoi venire?’”, racconta Giuseppe. Ed è lì che tutto inizia.
“Quando l’ho vista ho pensato solo una cosa: wow!”, sorride ancora oggi.
Compra biglietti su biglietti per poter ballare con lei e quella notte non si separano mai: “È amore a prima vista – dice Anne –, ma poi penso: sono troppo giovane”.
Iniziano a sentirsi in segreto; per tre mesi e mezzo si parlano solo al telefono, dal centralino del negozio dove lei lavora. Lui, con scuse inventate, passa spesso da casa sua. “Ogni tanto diceva ai suoi genitori: ‘Posso portare qualcosa a vostra sorella a Melbourne?’”.
Solo dopo, quando Anne si confida con la madre, tutto diventa chiaro: “Ah, adesso capisco perché viene sempre da noi”.
Le famiglie si parlano, decidono di aspettare. Due anni e mezzo dopo si fidanzano e, il 5 giugno del 1965, si sposano. “Avevo diciassette anni e mezzo. Non ci conoscevamo davvero – confessa Anne –. Una volta lui chiese a mio padre se potevamo andare al drive-in?’. Mio padre non sapeva cos’era. Quando glielo abbiamo spiegato, la risposta è stata: ‘Vi metto la televisione vicino alla finestra; la guardate dal giardino’”.
Nei primi anni, la vita è dura.
Non c’è intimità prima del matrimonio, nessuna libertà: “Volevo sposarmi anche per sentirmi finalmente libera”, dice Anne.
Quando nascono le gemelle – una sorpresa scoperta solo in ospedale – tutto cambia. “Non ho dormito per quattro giorni. Andavo a guardarle continuamente. Non una, ma due!”. Ma la gioia si accompagna alla fatica.
“I pannolini erano di stoffa, bisognava lavarli, stenderli, e spesso non si asciugavano in tempo – racconta Giuseppe –. Abbiamo comprato una vecchia asciugatrice, dormivamo su un divano vicino al riscaldamento, ci svegliavamo entrambi: io davo da mangiare a una delle gemelle; lei all’altra”.
Dopo tre mesi, finalmente si torna a dormire. Poi arriva un’altra figlia e, undici anni dopo, un figlio.
Lavorano entrambi, tirano su la famiglia tra turni lunghi e sacrifici. “Il matrimonio perfetto non esiste – dicono –. Ma esiste la volontà di restare, anche quando è difficile”.
E aggiungono, insieme: “Litighi, poi fai pace. È lì che si cresce. È lì che nasce l’amore vero”.
Ma la vita, anche nelle famiglie più unite, non è mai un cammino senza curve. I Mimmo hanno attraversato momenti durissimi. Come la perdita, quattro anni fa, della nipote, una ragazza forte e solare, colpita da un tumore a soli dieci anni.
A diciotto anni, dopo anni di cure, ha scelto di andarsene con dignità. “Niente la piegava – dice Giuseppe –; ha salutato tutti con coraggio. Al fratello ha lasciato un messaggio che non dimenticheremo mai: ‘Vivi tu la vita che io non ho potuto avere’”.
Lo scorso sabato 7 giugno, Anne e Giuseppe hanno celebrato questa lunga vita insieme al San Marco in Lamis Social Club, trasformato per l’occasione in un luogo di festa e memoria.
Tavoli curati nei dettagli, palloncini color oro, un numero 60 al centro della sala e quell’atmosfera che solo una famiglia numerosa e affiatata può creare. Centodieci persone si sono strette attorno a loro, tra brindisi, sorrisi e qualche lacrima di commozione, per una festa davvero ben riuscita.
Oggi, Anne e Giuseppe non parlano di perfezione, ma di presenza.
Di fatica condivisa, di compromessi veri, di litigi seguiti da silenzi e poi da abbracci.
“L’amore cambia, cresce con te – dice lei –. E con il tempo ti accorgi che non è la perfezione che tiene in piedi tutto, ma la capacità di sedersi sul divano e dire: ‘Dai, ce la facciamo ancora’”.
“Il segreto? – sorride lui –. Tolleranza e dialogo. E un po’ di salsa fatta in casa assieme a tutta la famiglia”.
Perché sì, quando si litiga – lo ammettono entrambi – far pace subito dopo è ancora meglio.
E aggiunge Anne: “Io non voglio fare come gli altri che se ne vanno: io resto, nonostante tutto. Nella buona e nella cattiva sorte”.
E forse, alla fine, è proprio questo l’amore che dura: quello che affronta gli alti e i bassi della quotidianità assieme.