Siamo entrati nell’anno delle elezioni federali, che a leggere le cronache di questi primi giorni del 2025 sembrano avvicinarsi a passo spedito. I due leader che si affronteranno alle urne entro il prossimo mese di maggio sembrano entrambi concordi nel valutare la particolare importanza del voto federale.
Peter Dutton ne ha parlato come un punto di svolta e il primo ministro Anthony Albanese ha descritto la prossima chiamata alle urne come una ‘battaglia’ del “futuro contro il passato”. Chiede fiducia agli elettori il primo ministro intervistato da The Australian lo scorso fine settimana, affermando come non si possa “risolvere tutto in un solo mandato.” Ma è evidente, secondo Albanese, che “Dutton appartenga al passato e riporterebbe il Paese indietro”.
Al netto del ‘tour’ di Anthony Albanese in Queensland, Northern Territory e Western Australia nel tentativo di recuperare terreno in seggi chiave, una trasferta che, di fatto ha proprio l’aria di una campagna elettorale anticipata, il primo ministro e il leader dell’opposizione sono destinati ad aprire un dibattito elettorale basato su proposizioni ideologiche di visione e prospettiva di quello che dovrà essere il Paese non soltanto nei prossimi tre anni di mandato del futuro governo, ma negli anni a venire.
Le sfide sulle quali si dovrà confrontare chiunque esca vincente dalle urne del prossimo voto hanno tutte le premesse di essere epocali, e hanno a che fare con le dinamiche interne, dove, ad esempio, sembra sempre più urgente la necessità di delineare una politica di immigrazione ben più chiara e definita rispetto a quanto fatto finora, con tutte le conseguenze del caso per le ricadute sul mercato del lavoro, sulle infrastrutture, sull’urbanistica e sull’economia, in generale.
Così come epocali e impattanti per il futuro saranno le scelte che verranno fatte in campo energetico, cosa si vuol fare e cosa si può fare, ma, soprattutto, come lo si voglia fare, quando si tratta di decidere dove verranno concentrati gli investimenti per garantire al Paese, in una evidentemente necessaria fase di transizione ecologica globale, energia a costi contenuti, affidabile e da fonti di approvvigionamento, per quanto possibile, ‘pulite’.
Per evidenti ragioni di spazio ci limitiamo a questi due esempi, e avremo modo nelle prossime edizioni di approfondire tutti i temi che saranno centrali in vista del voto, ma da tenere d’occhio ci sarà anche tutto quello che accade nel mondo.
Fra poco meno di due settimane Donald Trump si insedierà alla Casa Bianca e ancor prima di assumere ufficialmente la carica di 47esimo Presidente degli Stati Uniti, il tycoon ha già messo le basi per quella che potrebbe essere una presidenza destinata ad avere un ruolo decisivo anche nei più importanti scenari bellici in corso in questi anni, Medio Oriente e Ucraina.
Sull’impatto diretto della presidenza Trump rispetto all’Australia s’è detto già dopo l’elezione del 4 novembre 2024: protezionismo, dazi, richieste di aumento di quota del Pil per la difesa, per citarne solo alcuni, sono tutti temi che riguardano praticamente tutti gli alleati e i partner commerciali degli Stati Uniti, ivi compresa l’Australia.
Ma l’alleanza con gli Stati Uniti, anche in considerazione della sempre più pressante presenza della Cina nella zona dell’Indopacifico, non può che restare solida, anche tenendo conto dell’imprevedibilità di Donald Trump che non potrà, però, cogliere di sorpresa il prossimo inquilino de The Lodge.