Miglioramenti allo stadio, alle strutture interne ed esterne, agli spalti e agli spogliatoi, una fermata del bus a pochi passi e, soprattutto, un museo che ricordi il passato glorioso dell’APIA Leichhardt Football club, una delle prime strutture pensate e realizzate da quella che allora era una comunità di emigrati del Bel Paese che stava pian piano tentando di integrarsi e svilupparsi nel nuovo mondo. Un club sportivo che, con il passare degli anni, è stato il collante di diverse generazioni italiane che si sono ritrovate su un campo di calcio. Ad oggi, fra le centinaia di piccoli, giovani e grandi calciatori, o aspiranti tali, che calcano il terreno del Lambert Park da sempre casa dell’APIA, s’incontrano quattro generazioni di emigranti dal Bel Paese.
C’è da giurarci che fra i cimeli sportivi, trofei e maglie di campioni, sui muri del museo che nascerà, ci sarà appesa la storia degli italiani d’Australia. Dai volti in bianco e nero di quanti, in quell’ormai lontano 1954 contribuirono alla sua fondazione, fino ai giorni nostri arrivando a Tony Raciti che da 44 anni è ai vertici del club avendo ricoperto la carica di vicepresidente, presidente e presidente onorario.
“Vorrei ringraziare e riconoscere, il lavoro svolto da chi ha partecipato all’amministrazione del club - scrive Raciti in una sua nota ufficiale diffusa dal club - in particolare la sempre leale, diligente e incredibilmente laboriosa, Pia Scarselletta, da 22 anni con noi. James Chetcuti, che ci lascerà a marzo 2021. L’attuale consiglio del club, che comprende Michael Cutrupi, Aldo Di Mento, Frank Mustica, Frank Primerano, Bill Kadayifici, Mario Raciti, John Mellino, David Marocchi, Nick Rizzo, Joe La Ianca. E infine, umilmente dietro le quinte, ma parte integrante, della stabilità del club e del successo senza precedenti, il nostro direttore tecnico da 30 anni Billy McColl, Matteo Maiorana e Vince Ciolino”.
Ma l’APIA ha anche un folto settore giovanile che raccoglie tanti altri volontari e benefattori, per lo più di origine italiana, che il presidente non dimentica nei suoi ringraziamenti: “Dobbiamo tanto a Lina Boffa, Anthony Mazza, Joe Mirigliani, Joe Garufi, e a Felice Montrone che ha monitorato amministrativamente e supportato finanziariamente il club”.
La storia dell’APIA, quella storia che sarà celebrata di certo nel museo, racconta “di 66 benefattori e filantropi che hanno contribuito con milioni di dollari, nel corso di numerosi anni, per mantenere in vita, finanziariamente parlando, il club”.
Non solo, 33 anni fa ci fu il rischio liquidazione per mancanza di fondi. E, ancora una volta, furono degli italiani a intervenire rimettendoci di tasca propria, affinché il club potesse continuare la sua attività lasciando in eredità ai loro figli e ai figli dei figli, una delle squadre di calcio più famose d’Australia, fucina di campioni e centro di aggregazione per i giovani. “Allora questi benefattori versarono 12.000 dollari ciascuno, cifra ragguardevole per l’epoca - ricorda Raciti - per evitare che il club fosse liquidato. Quelle persone sono Tony Arcella, Aldo e Vince Di Mento, Mario Guerrera e Nino Panuccio”.
L’APIA è parte della storia d’Italia in Australia, dei suoi emigrati e del sacrificio che la comunità ha portato avanti nel corso di decenni perché la memoria di quel tempo non fosse dispersa.