ROMA – “L’iniziativa da assumere con urgenza è l’immediato riconoscimento nazionale dello Stato di Palestina”. È l’appello di 40 ex ambasciatori italiani – tra i quali Pasquale Ferrara, Pasquale Quito Terracciano, Ferdinando Nelli Feroci, Stefano Stefanini, Rocco Cangelosi, Vincenzo De Luca – in una lettera aperta alla premier Giorgia Meloni pubblicata domenica.
Tra i nomi più noti ci sono quello di Rocco Cangelosi, già consigliere del presidente Giorgio Napolitano, Piero Benassi, ex-consigliere diplomatico di Giuseppe Conte, l’ex commissario europeo per l’industria Ferdinando Nelli Feroci e Stefano Stefanini, anche lui ex-consigliere di Giorgio Napolitano.
I firmatari chiedono di sospendere ogni rapporto e cooperazione nel settore militare e della difesa con Israele, sostenere in sede Ue ogni iniziativa che preveda sanzioni individuali al governo di Tel Aviv e “unirsi al consenso europeo” per la sospensione temporanea dell’accordo Israele-Ue.
“L’orrore perpetrato nella Striscia da Israele nei confronti della stragrande maggioranza di civili inermi” sarebbe ciò che ha spinto gli ambasciatori ad abbandonare le cautele della diplomazia e i linguaggi criptati riservati agli addetti ai lavori, e a prendere una posizione chiara ed esplicita.
La voce arriva forte e chiara nel dibattito politico che da giorni si divide – maggioranza da una parte, opposizioni dall’altra – sull’opportunità o meno di riconoscere lo Stato di Palestina. L’appello, del resto, annovera tra i suoi firmatari chi per anni ha rivestito ruoli di primo piano nelle istituzioni, nella Unione europea, a Palazzo Chigi, nella Nato e al Quirinale, oltre, ovviamente, in sedi diplomatiche di primissimo piano.
“Ci sono momenti nella storia in cui non sono più possibili ambiguità né collocazioni intermedie. E questo momento è giunto per Gaza”, affermano i diplomatici.
Gli ex ambasciatori denunciano “le flagranti violazioni dei diritti umani e della dignità delle persone” e “i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra, la costante inosservanza della legalità internazionale e del diritto umanitario, di cui il governo israeliano, come avviene per tutti i governi, dovrà rispondere”. Dinanzi a tutto ciò, secondo gli ex funzionari, “non servono più le dichiarazioni, pur necessarie”, ma “gesti politico-diplomatici concreti ed efficaci”.
L’appello viene accolto in un diffuso silenzio dalla maggioranza, mentre tra i meloniani si sottolinea che la premier è “da sempre” per la soluzione “due popoli, due Stati”, ma che riconoscere adesso la Palestina, come ha detto lei stessa dopo l’annuncio sul riconoscimento da parte della Francia, non sarebbe una mossa risolutiva.
Plaude e trova nuova linfa, invece, l’opposizione: “Dai nostri diplomatici bella testimonianza di dignità e vero patriottismo”, dichiara il leader del M5s Giuseppe Conte, mentre i suoi capigruppo in commissione Esteri alla Camera e al Senato – Francesco Silvestri e Bruno Marton – sottolineano come “quegli ambasciatori stiano insegnando a Meloni cosa significhi rappresentare lo Stato con onore e dignità”.
Applaude l’iniziativa anche il segretario di +Europa, Riccardo Magi: “Se Meloni non vuole ascoltare noi, almeno ascolti loro”, dichiara, osservando che “nel riconoscere lo Stato di Palestina non ci sarebbe alcuna legittimazione di Hamas”.
Parla di “lezione di dignità” al governo da parte di “un pezzo autorevole della storia della nostra diplomazia” anche il leader di SI, Nicola Fratoianni, che al “non è il momento” opposto dalla premier replica in modo eloquente: “Qual è il momento in cui riconoscerlo? Quando non ci sarà più un palestinese vivo?”.
Posizione ribaduta dal suo alleato in Avs, Angelo Bonelli, secondo il quale “ci sono momenti nella storia in cui l’ambiguità diventa complicità. E su Gaza, quel momento è arrivato”.
Concetti che anche la segretaria Pd Elly Schlein ribadisce: “Dopo sarà troppo tardi e rischia di non esserci più niente da riconoscere”, afferma, aggiungendo che “questo atto sarebbe proprio un contributo concreto al processo di pace in Medio Oriente”.