BUENOS AIRES – Una vittoria “con clausola capestro”. È questo che rappresenta, per il governo Milei, l’approvazione della Ley de Bases, il mega pacchetto di riforme che dopo sei mesi di stallo – sei mesi di marce indietro, ricatti, lusinghe, minacce – permetterà di applicare le riforme economiche volute dal presidente. Un capestro perché ora non sarà più possibile incolpare la “casta” o i preesistenti “lacci e lacciuoli” del mancato rilancio dell’economia e della disoccupazione in aumento.
Un dato per tutti: da gennaio le banche hanno chiuso 330mila cuenta sueldo, il conto corrente usato dai lavoratori per l’accredito dello stipendio, segno che si sono persi altrettanti posti di lavoro. E nelle Province del Nord, le più povere, i tassi di disoccupazione sono già a due cifre.
Manuel Adorni, portavoce presidenziale, è apparso raggiante alla conferenza stampa della mattina di venerdì 28 giugno. “L’approvazione della Ley de Bases e del pacchetto fiscale permetteranno il risanamento dello Stato e l’arrivo di nuovi investimenti” ha esordito.
Un’apparente certezza che in realtà è un auspicio.
Con le imprese argentine che boccheggiano e l’inflazione in calo ma comunque elevata (4,2 per cento a maggio su base mensile, il valore più basso dal 2022), senza nuovi capitali in grado di creare lavoro non si sostengono i consumi interni e questo alimenta la spirale della cosiddetta “inflazione sporca” o stagflazione: prezzi in aumento e domanda in caduta libera.
Vero è che la visione economica di Javier Milei è totalmente dalla parte dell’offerta, in linea con il suo maestro Hayek.
Tutti gli altri economisti liberali sono solo figli degeneri. Friedman e la Scuola di Chicago sono per lui già in odore di comunismo. E guai a parlargli di Keynes (uno che il capitalismo lo voleva salvare dalla Grande Depressione degli anni ’30), di politiche a sostegno della domanda, di uso della spesa pubblica come motore di sviluppo e conseguente allargamento della base impositiva.
Intanto lo aspettano due mesi difficili, quando il freddo di luglio e agosto (già ampiamente annunciato in giugno) farà crescere i consumi di luce e gas, a cui si sommeranno aumenti previsti nei trasporti, nelle assicurazioni sanitarie e nelle stesse tariffe delle bollette domestiche.
Secondo il governo, il picco della crisi è stato superato proprio in queste settimane, oltretutto scongiurando il rischio di iperinflazione. “La Ley de Bases, ora, funzionerà come acceleratore della ripresa” ha detto Adorni.
Tra le promesse di Milei, la totale liberalizzazione del regime monetario (senza specificare quando), con la possibilità di scegliere la moneta nella quale ognuno vorrà commerciare.
Senza dubbio il settore deve essere ordinato: attualmente coesistono oltre dieci diversi regimi di cambio dollaro–peso e per di più le piccole e medie imprese soffrono i limiti ai pagamenti in valuta, che a loro volta hanno un impatto sulla possibilità di importare materiali e quindi non permettono di raggiungere la completa capacità produttiva.
Per il 30 giugno è stata annunciato una nuova ondata di licenziamenti nella pubblica amministrazione. “L’obiettivo – ha detto Adorni – è fare rimanere solo coloro che producano valore, mentre quelli che non hanno funzione non devono togliere un solo peso al portafoglio dei contribuenti”.
Il portavoce ha parlato del voto in parlamento come di un atto patriotico, che ha onorato il “mandato ricevuto dagli argentini attraverso il voto”.
Il prossimo 9 luglio (festa dell’Indipendenza) verrà così firmato il cosiddetto “Patto di maggio”, che contiene un accordo in dieci punti perché l’Argentina torni a essere una “terra di senso comune, pace e prosperità”. Qualcosa di abbastanza simile al “contratto con gli italiani” firmato in tv da Silvio Berlusconi nel 2001, alla vigilia delle elezioni, senza però la clausola dell’impegno a non ricandidarsi nel caso in cui gli obiettivi di governo non venissero raggiunti.