ROMA – Molti di loro trovarono rifugio in Australia, in America Latina e negli Stati Uniti. Altri tentarono di ricominciare nella madrepatria, spesso ostile. Ma tutti portarono con sé la stessa ferita: quella di un esodo improvviso, forzato, doloroso. Oggi quella storia entra per la prima volta nei luoghi ufficiali della memoria italiana. Si chiama MEDIF – Mostra Esuli Dalmati Istriani Fiumani ed è il primo spazio permanente interamente dedicato alla tragedia dell’esodo giuliano-dalmata, ospitato al Vittoriano, simbolo dell’unità nazionale.

Presentata ufficialmente lo scorso 18 luglio alla Sala Stampa Estera di Roma, alla presenza del Ministro della Cultura Alessandro Giuli, la mostra nasce su iniziativa della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati (FederEsuli), con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri e del Ministero della Cultura, e si inserisce nel percorso di valorizzazione della memoria dell’esodo giuliano-dalmata, a vent’anni dall’istituzione della Giornata del Ricordo.

L’allestimento – curato dall’architetto Massimiliano Tita – è concepito come un viaggio immersivo che accompagna i visitatori attraverso un percorso emotivo e storico, evocando lo smarrimento, la perdita e la tenacia dei 350mila italiani costretti ad abbandonare le proprie terre natali tra il 1943 e la metà degli anni Cinquanta, a seguito dell’avanzata del regime jugoslavo di Tito, delle stragi delle foibe e della politica di cancellazione dell’identità italiana nei territori ceduti alla Jugoslavia.

“Per la Federazione degli Esuli è un onore che all’Altare della Patria si parli della nostra storia”, ha dichiarato il Presidente di FederEsuli, Renzo Codarin, rimarcando il valore simbolico dell’iniziativa che per la prima volta inserisce l’esodo adriatico nella cornice solenne del Monumento nazionale a Vittorio Emanuele II. La direttrice del Vi.Ve (Vittoriano e Palazzo Venezia), Edith Gabrielli, ha sottolineato come “il Vittoriano, monumento all’Italia unita e sacrario nazionale, sia il luogo adatto ad accogliere la mostra degli esuli”, definendola “un gesto di ascolto e consapevolezza” in attesa della realizzazione di un museo dedicato.

Le cifre dell’esodo giuliano-dalmata descrivono un dramma storico senza precedenti: centinaia di migliaia di persone – civili, pubblici impiegati, religiosi, ex militari – abbandonarono Istria, Fiume e Dalmazia per sfuggire a un clima di violenza e intimidazione, spesso marchiati come ‘fascisti in fuga’ e accolti con freddezza nelle strutture improvvisate dei Centri Raccolta Profughi.

In molti casi, l’Italia non riuscì a fornire un’accoglienza dignitosa, spingendo decine di migliaia di esuli a cercare una seconda patria oltreoceano, in Paesi come Australia, Argentina, Canada, Venezuela e Stati Uniti. Lì, come testimoniato da tante comunità oggi radicate nei principali centri della diaspora italiana, si ricominciò da capo, portando con sé la lingua, la memoria e un’identità fortemente segnata dalla perdita.

Sentita partecipazione alla presentazione del progetto MEDIF.

La mostra ripercorre tutto questo attraverso installazioni visive, documenti storici, testimonianze dirette e simboli evocativi: si apre con luci soffuse, sagome e suoni ambientali che suggeriscono il trauma della partenza; un pavimento retroilluminato riporta i nomi delle città dell’esodo; una sedia vuota e un monocolo su una rosa rossa ricordano le vittime delle foibe, tra cui Norma Cossetto, studentessa istriana seviziata e uccisa nell’ottobre 1943, alla quale è stata dedicata idealmente l’inaugurazione della mostra (ma anche altre numerose iniziative nel mondo, tra cui in Australia).

Il visitatore è invitato a immergersi nelle storie personali attraverso nicchie sonore e video, che restituiscono voce ai protagonisti. Tra questi, anche Italia Giacca, oggi esponente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia, che ha ricordato il giorno dell’esodo vissuto da bambina: “Ero una bambina di 6 anni e non avevo neanche una valigia. In un giorno concitato, la mia mamma mise quel poco che aveva in una borsa di tela e andammo via a piedi”. Suo padre era già fuggito, temendo di essere infoibato: “Non era un fascista, ma amava il suo Paese”.

Il racconto ha commosso la platea e confermato quanto sia urgente un’opera di riconoscimento pubblico. “MEDIF è un’emozione profonda ma anche, come il Giorno del Ricordo, un risarcimento morale per noi tutti”, ha detto Giacca, “e per chi, come i miei genitori, non lo ha mai potuto avere”.

A ribadire l’importanza istituzionale dell’iniziativa, l’intervento del Ministro della Cultura Giuli: “La vicenda degli esuli è un fatto italiano che va raccontato al mondo. Ci assumiamo l’impegno morale, dopo decenni di silenzi e oblio, a raccontare la verità”. Una verità, ha ricordato lo storico Gianni Oliva, “che non è di destra né di sinistra” e che oggi, grazie a una mostra rigorosa e oggettiva, trova finalmente uno spazio degno nei luoghi più autorevoli della cultura italiana.