PALERMO - Era un messaggero della mafia. Manteneva i contatti fra gli affiliati detenuti, anche boss costretti al 41bis, e l’esterno dei carceri: Antonello Nicosia, esponente dei Radicali Italiani e assistente parlamentare della deputata di Italia Viva, Pina Occhionero, è stato arrestato dai nuclei speciali di Finanza e Carabinieri di Palermo. Associazione mafiosa è il reato contestato al 48enne originario di Sciacca, provincia di Agrigento, che avrebbe tratto vantaggi dalla sua posizione di assistente della deputata ex Liberi e Uguali – che non risulta fra gli indagati - per favorire le cosche, in particolare il capo dei capi di Cosa Nostra, il superlatitante Matteo Messina Denaro.
Dall’intercettazione pubblicate sono emersi dialoghi inquietanti nei quali l’assistente parlamentare, che si era lasciato alla spalle una condanna per traffico di droga prima di diventare presidente dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani onlus, parlando del nome dell’aeroporto di Palermo, dedicato ai due giudici antimafia, diceva: “Falcone e Borsellino, sempre la stessa m…”, e definiva la loro morte? “Un incidente sul lavoro”. Mentre, in altre conversazioni, ancora tenute riservate, si riferirebbe al padrino Messina Denaro, considerato l’ultimo dell’ala stragista dei Corleonesi e il detentore dei segreti di Totò Riina, come “Primo Ministro o Santo”. Secondo gli inquirenti, Nicosia avrebbe sfruttato la sua posizione privilegiata di membro dello staff di un deputato per ottenere colloqui riservati anche con boss mafiosi detenuti al 41bis, il carcere duro, regime che non prevede alcun contatto con l’esterno, se non con un limitato numero di familiari e sempre sotto il controllo delle autorità. Nel corso di questi colloqui riservati Nicosia avrebbe portato ‘pizzini’ vocali dentro e fuori il carcere, consentendo ai capi di mantenere il loro ruolo anche da dietro le sbarre.
Quella che emerge dalle indagini della Procura di Palermo è l’immagine di un criminale dalla doppia vita che si batteva per la difesa della legalità e dei diritti dei carcerati, attraverso un programma televisivo intitolato “Mezz’ora d’aria”, le visite negli istituti carcerari e l’impegno politico (di recente aveva anche partecipato alla Leopolda) e contemporaneamente manteneva contatti fra i boss e organizzava omicidi, come nel caso di un noto imprenditore di Sciacca di cui, stando alle intercettazioni in possesso degli inquirenti, l’assistente parlamentare panificava la morte in accordo con il boss Accursio Dimino, anche lui finito in manette nel blitz dei giorni scorsi, per impossessarsi delle sue aziende. FEMA