BOLOGNA - Non fu stupro, lei era consenziente anche se aveva bevuto, e dunque “il fatto non costituisce reato”.  

Con queste motivazioni sono stati assolti due giovani, di 34 e 33 anni, imputati per violenza sessuale di gruppo e per induzione con abuso delle condizioni della vittima, una giovane all’epoca diciottenne che aveva bevuto vino e superalcolici.  

Dopo il collegio penale di Ravenna in primo grado, con decisione e motivazioni che destarono scalpore, la corte d’appello di Bologna ha confermato la sentenza di assoluzione piena. 

Dopo il primo grado, c’erano state diverse polemiche e anche un corteo organizzato da associazioni contro la violenza di genere.  

I due imputati di 34 e 33 anni, rispettivamente un ex calciatore del Ravenna calcio, assistito dagli avvocati Francesco Papiani e Raffaella Salsano, e un commerciante d’auto usate difeso dagli avvocati Silvia Brandolini e Carlo Benini, dovevano rispondere di violenza sessuale di gruppo. Il primo era indicato come chi aveva incitato l’atto, riprendendo la scena con il telefonino, e l’altro come chi aveva materialmente abusato della ragazza, all’epoca diciottenne. La Procura Generale aveva chiesto condanne a 4 anni e 7 anni. 

A suo tempo due differenti Gip, sulla base delle dichiarazioni della ragazza e soprattutto delle immagini, avevano applicato a entrambi i sospettati la custodia cautelare in carcere. Tuttavia, la versione dello stupro era stata sconfessata dai successivi giudicanti che si erano susseguiti nel caso, a partire dal Riesame bolognese che aveva scarcerato i due accusati, che avevano sempre sostenuto che la ragazza era consenziente. 

La vicenda era maturata la notte tra 5 e 6 ottobre di otto anni fa. Dopo vari bicchieri di vino e superalcolici in un locale del centro, la diciottenne era stata accompagnata in un appartamento dove era stata infilata sotto la doccia e filmata, e poi c’era stato il rapporto sessuale.  

Lei era andata a denunciare assieme al fidanzato qualche giorno dopo, ricordando solo frammenti della serata, ma secondo le motivazioni di assoluzione dei giudici di primo grado, giusto 15 minuti prima di avere il rapporto era riuscita a interloquire con gli amici e con la madre al telefono, fornendo “risposte congrue alle sue domande”.  

Quindi, si era dimostrata “pienamente in sé, in grado di esprimere validamente un consenso”, che “esprimeva in particolare con la mimica e la gestualità”. Anzi, dai video non sembra emergere “costrizione o manovra seduttiva, istigativa o persuasiva” del trentatreenne accusato, né “passività inerte o incoscienza della vittima”. 

Quanto al fatto che la ragazza sia stata filmata sotto la doccia e poi nel rapporto, sebbene si tratti di una azione “rozza e deprecabile”, scrivevano i giudici, questo non aveva agevolato la violenza al centro della vicenda.  

Di avviso opposto, la pm Angela Scorza aveva presentato appello, parlando di “scena raccapricciante” e di “stato di inconfutabile incoscienza” della ragazza, “completamente indifesa e in balia del comportamento denigratorio dei presenti”.