TRENTO - “Bisogna avere un sogno e poi credere di poterlo raggiungere. Solo così tutto è possibile”. Parole e musica di Marcell Jacobs, l’uomo che a forza di credere nel suo di sogno è finito per diventare il più veloce del mondo. E stavolta si è fermato, per un attimo, sul palco del Festival dello Sport di Trento dove ha riavvolto il nastro di un’estate indimenticabile da ben due medaglie d’oro, nell’individuale e nella staffetta, sui 100 metri piani. E pensare che il suo compito era “solo” di arrivare in finale, dove nessun italiano era mai giunto.
“L’obiettivo principale era quello ma non era il mio vero obiettivo - spiega l’azzurro nato in Texas e cresciuto a Desenzano del Garda -. Quando ho iniziato il percorso con la mia mental coach, lei mi ha chiesto cosa mi aspettassi da Tokyo. Io già avevo detto che volevo una medaglia. Non arrivare in finale sarebbe stata una grande delusione, ma forse ci sarei rimasto male anche se non fossi arrivato tra i primi tre” racconta Jacobs prima di ripercorrere tutte le tappe di quell’indimenticabile 1 agosto.
“In semifinale mi giocavo il lavoro di una vita e io sapevo che era la più tosta. C’erano quattro avversari che poi ho ritrovato in finale, sono arrivato terzo. Dopo di che a livello energetico e mentale ero stanchissimo. Sono andato dal mio allenatore e ho detto: non ce la faccio”. Quasi non se la sentiva di gareggiare.
Poi la svolta e anche l’aiutino emotivo arrivato con la vittoria di Gimbo Tamberi nel salto in alto. “Nelle due ore tra semifinale e finale ho lavorato tantissimo per recuperare le energie, ma poi, quando ero all’interno della call room, ho visto in televisione Gianmarco vincere quella medaglia che meritava e che avrebbe vinto già nel 2016 se non si fosse infortunato. Mi ha dato adrenalina e mi sono detto che dovevo farlo anche io”.
A quel punto la consapevolezza era bella che ritrovata: “Non voglio fare lo sbruffone, ma quando sono entrato ho puntato la linea del traguardo e ho pensato che avrei vinto. Ho guardato nel viso i miei avversari, ho fatto l’in bocca al lupo a tutti, uno per uno. A loro li ho destabilizzati, per me è stato utile perché ogni volta che ne avvicinavo uno mi chiedevo: perché dovrebbe vincere lui al posto mio”.
E infatti non c’è nessuno che è stato capace di correre più veloce di Marcell Jacobs quella sera. A distanza di più di due mesi l’azzurro però fa ancora fatica a realizzare quello che è successo.
Se ne rende conto principalmente quando incontra i tanti nuovi tifosi che adesso lo osannano. “La mia vita non sembra cambiata ma quando vedo che le persone mi ringraziano per quello che ho fatto è incredibile. Mi fa veramente piacere l’affetto della gente, per questo cerco di essere sempre disponibile con tutti. In realtà ancora non mi rendo conto di aver vinto l’Olimpiade, ora però ho già la testa all’anno prossimo”.
In calendario Mondiali e Europei, dove la missione è quella di confermarsi: “Sono in preparazione in funzione di quello. Tutti vorranno quel posto che mi sono preso. Sarà una stagione lunga, complicata. Io devo lavorare molto, devo migliorare nella prima parte di gara. Ci saranno tante competizioni, spero di vincerne il più possibile. La più importante però sarà quella dei Mondiali” spiega l’ex lunghista che non esclude in futuro (“tra 5-6 anni”) di poter ritrovare la sua prima disciplina.
Per il momento però, giusto focalizzarsi su una sola strada. Con un altro grande obiettivo da provare a raggiungere: il record del mondo.
“Non lo dico però ci penso - afferma -. Credo che quando uno fa sport deve puntare a essere il numero uno. Se ti poni un limite, poi al massimo puoi arrivare a quello. E invece magari saresti capace di superarlo”. Senza freni e con la voglia di sognare ancora: Marcell Jacobs è pronto per tornare in pista.