Aura Mattana ha 27 anni e un’idea chiara: l’arte non è solo una vocazione, è una casa. 

Un rifugio privato dove nulla è lasciato al caso, dove la realtà prende le forme scelte da lei, e ogni pennellata diventa atto di libertà. In un mondo che spesso impone direzioni, lei ha scelto di costruire il proprio. 

“Sono io che decido come va. Sono io che decido come mettere il colore”. Ed è in questa scelta autonoma e profonda che si racchiude tutta la sua poetica.

Aura è cresciuta a Cagliari e, con la stessa naturalezza con cui da bambina si chiudeva in ufficio a disegnare mentre i genitori lavoravano, ha continuato a tessere la sua identità creativa tra pittura e scrittura. 

“Avevo tre anni e già dipingevo. Scrivevo poesie. Mi chiudevo nel mio mondo. Era il mio modo per evadere, per creare una realtà mia. Mi sentivo come una maga, in un villaggio tutto mio, dove potevo sperimentare”.

Formata tra liceo artistico e Istituto Europeo di Design, ha attraversato anni di studio sulle arti figurative, affiancando pittura, scultura, incisione e stilografia. “Mi sono sempre interessata a tutto. Disegnavo, cucivo, cercavo di esprimermi in ogni forma possibile”. Ma la vera formazione, quella che non si trova nei programmi accademici, è arrivata altrove: tra la nostalgia, l’inadeguatezza e la fame di possibilità.

Londra, per esempio, le ha sbarrato le porte dell’arte. “Faticavo per la lingua e non volevo fare lavori che non mi appartenessero”. 

Dopo cinque mesi, rientra a Cagliari, ricomincia da capo. L’energia creativa è costante, così come la fiducia di chi l’ha vista crescere. Vecchi professori la coinvolgono in progetti, lavora con una costumista sarda, Stefania Grilli, su set cinematografici, illustra per marchi di moda. Ma ancora non basta. La voglia di costruire qualcosa di suo, da zero, la spinge dall’altra parte del mondo.

Così, a gennaio 2023, parte alla volta di Melbourne. Nessun contatto, solo talento e determinazione. Fa lavori umili, si adatta, resiste. Poi l’incontro con il proprietario del ristorante Da Noi, sardo anche lui, cambia il corso delle cose. Le chiede di dipingere per il locale, e Mattana accetta. Anche se lavora ancora in bar e ristoranti, trova il tempo per dipingere dal vivo, tra i tavoli, mentre la gente cena. “Qualcuno ha iniziato a notarmi. E da lì, le prime chiamate”, asserisce la pittrice.

Nel tempo, arriva anche un impiego stabile: artigiana per Golden Goose, marchio veneziano di calzature di alta gamma. Ma è l’arte a chiamarla ancora. 

Organizza una mostra collettiva proprio al ristorante Da Noi – One pig and three artists –, dipinti, pubblico pagante, canapè e calici di vino. “È stato emozionante. Un primo passo, un seme che ho piantato qui, nel mio nuovo mondo”, afferma Mattana.

Ora insegna pittura in corsi collettivi, collabora con Co.As.It. di Melbourne per progetti artistici e culturali: per la prima lezione, prevista per il 20 giugno, è già tutto esaurito. Un altro appuntamento è fissato a luglio.

C’è entusiasmo, c’è slancio. Ma anche consapevolezza: “Vorrei avere cinque me per fare tutto quello che mi appassiona. Il cinema, il teatro... Ma la pittura è la costante, perché è più accessibile, più semplice. Non importa dove sia, se ho solo un taccuino, i miei colori ad acquarello e sono in riva al mare: c’è sempre spazio per dipingere”.

Aura non si ferma alla tecnica. È convinta che tutti possano imparare a disegnare, ma distingue nettamente l’abilità dalla scintilla: “Ci sono persone che non hanno mai preso in mano una matita e riescono comunque a creare qualcosa che ti fa dire ‘wow’ – afferma –. La parte speciale è personale. Quella però non si insegna”.

E poi c’è la Sardegna, che non si è mai separata da lei, anche quando lei è uscita dall’isola. Ne parla come si parla di un amore intenso, vivo, struggente: “Non amo niente al mondo quanto la Sardegna. La mia arte è influenzata dalle radici, dipingo spesso la mia terra. Anche se non ce l’ho davanti, la porto nei miei ricordi. Disegno una forma e mi ricorda i ginepri o le rocce del nord. È con me sempre”.

L’artista italiana scrive anche poesie, spesso dedicate proprio all’isola. Le parla, come si parla a un amico caro e misterioso. “C’è qualcosa nella Sardegna che non si spiega. Ti rapisce. Ti affascina. È l’isolamento, la natura, il silenzio. È pura magia”.

Eppure, l’ha lasciata. Non per mancanza d’amore, ma per un sogno più grande. “Lavoriamo tutta la vita, voglio che il mio lavoro mi renda felice. E in Sardegna non c’erano abbastanza possibilità. Ma sogno di tornare, un giorno, con l’esperienza giusta, e farlo con dignità”.

Intanto, costruisce il suo futuro dall’altra parte del pianeta. Non per fuggire, ma per poter tornare, forse, con un bagaglio pieno di arte, di sogni realizzati, di libertà conquistata.