Lo Australian Institute of Health and Welfare, dipartimento del governo federale, ha rilevato che mentre nell’anno 2010 64 donne su 1000 (di età compresa tra i 15 ed i 44 anni) avevano condotto a termine una gravidanza, quel numero è sceso a 56 nel 2020.
Nel 2020, con 295.796 nuovi nati da 291.712 madri, sono state registrate più morti che nascite.
Il bilancio totale non finisce in rosso unicamente per la ragione che l’Australia continua ad accogliere migranti.
Il coefficiente minimo di mantenimento della popolazione è di 2,1 figli per donna. L’Australia è scesa allo 1,5 circa.
In aggiunta l’età media delle madri si sta innalzando, riducendo il numero delle generazioni in fase riproduttiva.
L’età media delle donne che portano a termine la gravidanza è passata da 30,0 anni a 30,9.
L’età media delle neo mamme è di 29,6 anni, oltre un anno in più rispetto al decennio precedente.
Uno dei maggiori fattori che determinano questo dato è il forte declino delle gravidanze adolescenziali.
Nel 2010, il 3,8% delle gravidanze proveniva da adolescenti. Dieci anni più tardi qualle proporzione si è dimezzata, in larga parte grazie alla diffusione dei metodi contraccettivi ed, anche, del ricorso all’aborto.
Parallelamente è aumentata la proporzione delle donne che partoriscono in età superiore ai 40 anni.
Più di una madre su tre partorisce tramite cesareo.
Nel 2020 il 37% delle madri ha partorito con taglio cesareo, dieci anni prima la percentuale era del 32%.
Le madri sopra i 40 anni hanno una probabilità superiore di avere un parto cesareo.
Nel 2020 solo il 41% delle madri ha avuto un travaglio spontaneo.
I dati non lasciano margini di dubbio. Con la tendenza consolidatasi negli ultimi decenni la popolazione dell’Australia degli ultimi due secoli, in termini etnici e di retaggio culturale, si avvia ad essere sostituita da quelle che arrivano tramite l’efficiente processo di immigrazione.