NEW YORK - La risoluzione, approvata da 157 paesi contro otto voti contrari, inclusi quelli di USA e Israele, e 7 astenuti, sollecita Israele a porre fine alla sua “presenza illegale nei Territori Palestinesi Occupati" e riconosce i “diritti inalienabili del popolo palestinese”, tra cui l’autodeterminazione e uno stato indipendente.
L’ambasciatore australiano all’ONU, James Larsen, ha affermato che la posizione australiana riflette una crescente spinta internazionale: “Una soluzione a due stati rimane l’unica speranza per porre fine al ciclo infinito di violenza e garantire un futuro sicuro e prospero per entrambi i popoli”.
Il leader dell’opposizione Peter Dutton, ha accusato il governo di aver manipolato il voto per ottenere consensi politici. “Il governo ha tradito la comunità ebraica per meri fini elettorali”, ha dichiarato Dutton, criticando il Primo Ministro Anthony Albanese. Dutton sostiene che la mossa sia da mettere in relazione alle prossime elezioni federali e punterebbe a riconquistare il voto delle comunità islamiche australiane.
Nasser Mashni, presidente dell’Australia Palestine Advocacy Network, ha elogiato il voto come importante ma ha chiesto azioni più incisive: “L’Australia si è allineata con la maggioranza del mondo per sostenere giustizia, diritti umani e responsabilità per Israele”.
Di contro, il portavoce dell’opposizione agli Esteri, Simon Birmingham, ha criticato la decisione, definendola una frattura con gli USA e un tradimento di Israele. “Questa posizione non protegge i civili né previene nuovi attacchi terroristici o la liberazione degli ostaggi”.
Il direttore esecutivo dell’Australia/Israel and Jewish Affairs Council, Colin Rubenstein, ha definito la risoluzione “unilaterale" e "destinata ad alimentare ulteriori conflitti”.
La decisione sottolinea un crescente isolamento australiano rispetto agli alleati tradizionali, in un momento di intensificazione del conflitto in Medio Oriente, dove oltre 45mila palestinesi e 1.200 israeliani hanno perso la vita negli ultimi scontri.