WASHINGTON - Lo riferiscono funzionari della Giustizia, citati dal New York Times. Si tratta del più grande procedimento giudiziario intentato dall’amministrazione Usa nei confronti di un gigante tecnologico negli ultimi decenni. Il procedimento verrà depositato oggi, dopo che sia i Repubblicani e i Democratici chiedevano di limitare lo strapotere delle aziende dominatrici del web.

Ma non solo Google. Il dipartimento della Giustizia Usa ha aperto inchieste anche su altri giganti del mondo digitale. Google era considerato come una priorità ma l’analisi di altri mercati digitali potrà portare ad altre azioni legali, ha spiegato una fonte del dipartimento.

Una vittoria per il governo federale potrebbe cambiare il volto di una delle più note ed importanti aziende americane e ridefinire la Internet economy.

Nel procedimento, presentato davanti ad un tribunale federale di Washington D.C., il dipartimento ha accusato Google, che è una divisione della holding Alphabet, di mantenere illegalmente il proprio monopolio sui motori di ricerca attraverso accordi e contratti commerciali esclusivi che tagliano fuori la concorrenza.

I contratti sotto accusa comprendono i pagamenti di miliardi di dollari fatti da Google nei confronti di Apple, affinché l’azienda fondata da Steve Jobs mantenga Google come motore di ricerca predefinito sugli iPhone.

Il Dipartimento, tra l’altro, sostiene che Google, che controlla circa l’80% del mercato dei motori di ricerca negli Usa, ha siglato accordi con i produttori di telefoni cellulari per fare in modo che il sistema operativo Android, di proprietà della holding Alphabet, carichi di default Google come motore di ricerca, rendendo praticamente impossibile l’impiego di motori di ricerca concorrenti.

Il ministro della giustizia William Barr, da mesi in pressing sui suoi uomini per l’avvio dell’azione legale, ha assicurato che l’iniziativa non ha nulla a che fare con i timori di faziosità delle aziende tecnologiche, accusate di sfavorire la destra limitandone in qualche modo la libertà di espressione. Rassicurazioni che, comunque, non sgombrano il campo dai dubbi sulla tempistica dell’azione antitrust così a ridosso del voto e sul fatto che ad aderire all’iniziativa ci siano 11 stati, tutti guidati da repubblicani.