ROMA - Ancora ferme al palo le gare per le concessioni balneari. A maggio 2025, i Comuni che hanno avviato le procedure sono appena 26, distribuiti tra Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana, Abruzzo, Lazio, Campania e Puglia. 

Le concessioni balneari sono autorizzazioni rilasciate da enti pubblici come Regioni, Province o Comuni, che consentono l’utilizzo di aree demaniali marittime per finalità turistico-ricreative. Si tratta di diritti regolati da contratti a tempo determinato, soggetti a condizioni precise.  

Le criticità in Italia affondano le radici nella direttiva Bolkestein, approvata dall’Unione Europea nel 2006, che aveva l’obiettivo di liberalizzare i servizi nel mercato unico. In sostanza, le concessioni su beni del demanio pubblico, come le spiagge, devono essere assegnate tramite gara pubblica aperta a operatori di tutti i Paesi della Ue, per garantire trasparenza, concorrenza e pari opportunità, scoraggiando quindi il rinnovo automatico delle concessioni esistenti, considerato contrario ai principi della concorrenza nel mercato unico. 

Con oltre 26mila concessioni totali – di cui oltre 15mila a uso turistico-ricreativo, secondo Nomisma – l’Italia ha di fatto rinviato per anni l’applicazione della direttiva, permettendo ai concessionari esistenti di mantenere il controllo dei tratti di costa, senza passare da alcun bando. I canoni versati, spesso, risultano irrisori rispetto ai ricavi o agli investimenti sulle strutture, in alcuni casi limitati a poche centinaia di euro all’anno.  

L’apertura del mercato attraverso bandi pubblici potrebbe, secondo molti analisti portare benefici significativi, come nuovi investimenti, servizi di maggiore qualità e maggiori introiti per lo Stato, ma il cambiamento è vissuto come una minaccia da molti concessionari, preoccupati per il futuro delle proprie attività. 

A settembre 2024, è intervenuto un decreto del governo che punta a mediare tra interessi diversi, stabilendo che le nuove concessioni avranno una durata compresa tra 5 e 20 anni, così da consentire l’ammortamento degli investimenti, e introduce criteri che premiano chi ha già gestito una concessione nei cinque anni precedenti. Prevista anche la proroga delle concessioni attuali fino al 30 settembre 2027, con l’obbligo per gli enti locali di avviare le gare pubbliche entro giugno dello stesso anno.  

In presenza di “ragioni oggettive” sarà possibile prorogare ulteriormente, ma non oltre il 31 marzo 2028, un margine comunque utile per gli operatori, che possono così pianificare il futuro con maggiore serenità, pur sapendo che la scadenza è ormai fissata.