CANBERRA - L’agenzia ha proposto di dichiarare “in pericolo”, nella riunione a metà luglio in Cina, il più grande sistema corallino al mondo, che si estende per 2300 km al largo della costa nordest del continente. 

“Una visita in persona da rappresentanti del comitato è l’unica maniera per valutare il suo status”, ha dichiarato la ministra. “La barriera è grande abbastanza da essere visibile dallo spazio, ma non la potete vedere da un ufficio a Parigi, ha aggiunto. Ha concordato che il cambiamento climatico è la maggiore minaccia per la Barriera, ma ha sostenuto che il comitato per il patrimonio mondiale “non è il foro per fare considerazioni sul cambiamento climatico”.  

Secondo Canberra la raccomandazione del comitato Unesco deriva da “un approccio sbagliato”, avviato senza adeguata consultazione e senza verifiche sul posto”. La scorsa settimana 11 paesi hanno sostenuto l’Australia nel denunciare l’Unesco per mancanze nel processo di consultazione prima di compilare la bozza della raccomandazione.

Secondo Sussan Ley “questa bozza di raccomandazione, basata su una decisione presa a tavolino, non tiene conto delle conclusioni scientifiche che mostrano una ripresa sia dei coralli, sia della qualità dell’acqua, grazie a misure collaborative sul recupero e adattamento, e per questo è venuta come uno shock”.

La bozza esorta l’Australia a “intraprendere azioni accelerate a tutti i livelli possibili” verso il cambiamento climatico. Nota inoltre che nonostante gli sforzi e i risultati dei governi federale e statali, non sono stati raggiunti obiettivi chiave sul miglioramento della qualità dell’acqua, compromessa da scarichi agricoli carichi di sedimenti.

Funzionari australiani sostengono che il compito di fermare la raccomandazione sarà particolarmente difficile, considerando che il comitato Unesco per il patrimonio mondiale è presieduto dalla Cina e che 14 dei 21 membri sono paesi parte del programma di finanziamento Belt and Road, che li pone in debito con Pechino.