TEL AVIV – Lo Stato di Israele contro Benjamin Netanyahu: per la prima volta un primo ministro in carica si è seduto al banco degli imputati per testimoniare in un processo, con numerosi capi d’imputazione, e rispondere ad accuse gravi che vanno dalla frode alla corruzione.
Entrato alle 10 del mattino in una gremita e superprotetta aula del Tribunale distrettuale di Tel Aviv, il Primo ministro ha parlato per cinque ore difilato.
Secondo round mercoledì dal primo pomeriggio fino a sera, e così via per tre giorni a settimana almeno per i prossimi 15 giorni. Come hanno stabilito i giudici respingendo tutti i ricorsi per rinviare (l’ultimo presentato da 12 ministri domenica) in cui si chiedeva di tener conto del delicato momento politico con la crisi in Siria e la guerra a Gaza in corso, che già gli è valsa una lunga dilazione.
Ad accogliere Netanyahu in aula, una folla di ministri e politici a sostegno. Presente anche Avner Netanyahu, il figlio più giovane del Primo ministro, mentre la moglie Sara e il maggiore Yair sono a Miami. Fuori, davanti al tribunale, manifestanti divisi tra pro e contro: da una parte i familiari degli ostaggi con le foto dei loro cari ancora prigionieri a Gaza; dall’altra, i pro-Pm.
Polizia a cavallo e sicurezza dappertutto. Completo blu, spilletta degli ostaggi su un revers e bandierina israeliana sull’altro, parlando con la sua voce da oratore il Primo ministro ha tentato di minimizzare le pesanti accuse ricordando a tutti che Israele sta affrontando problemi molto più grandi e ha già cambiato il volto del Medio Oriente: “Ora è la politica che conta, non la copertura mediatica positiva (per la quale è accusato di aver scambiato favori)”, ha detto perentorio.
Respingendo con veemenza l’immagine di uomo potente dedito a godersi i lussi, e descrivendosi come uno spartano servitore dello Stato, dedito alla lettura di libri di storia e biografie, uno che lavora 24 ore su 24, rinunciando al tempo con la sua famiglia: “Se ogni tanto fumo un sigaro, non ho tempo di finirlo. E per quanto riguarda lo Champagne, non sopporto quella roba”, ha ironizzato riferendosi al capo d’imputazione secondo cui avrebbe ricevuto sigari e Champagne dal magnate di Hollywood Arnon Milchan e dal miliardario James Packer.
Nel più grave dei tre casi a suo carico, il Primo ministro è accusato di corruzione, frode e abuso di fiducia perché avrebbe firmato un provvedimento favorevole al magnate dei media, Shaul Elovitch, azionista di controllo di Bezeq, la più grande compagnia di telecomunicazioni israeliana, in cambio di una copertura positiva su Walla News, sito web di proprietà di Elovitch nel 2012.
Secondo i pubblici ministeri, l’accordo sarebbe stato siglato durante una cena di 12 anni fa in cui Netanyahu e sua moglie Sara lo hanno ospitato. “Non c’è stato alcun accordo; niente di niente – si è difeso Netanyahu –. Con Elovitch e sua moglie Iris si è instaurato un legame, ma non la relazione stretta che è stata descritta. All’epoca Walla si mostrò straordinariamente ostile. C’è un motivo per cui è stato chiamato ‘Walla Akbar’” – gioco di parole sulla frase in arabo Allahu akbar (Dio è il più grande).