ROMA - È stata dello scorso 7 febbraio la notizia dell’arresto di una serie di giudici del Consiglio di Stato per una maxi-inchiesta condotta dalla Procura di Roma su diversi casi di corruzione in atti giudiziari. 
Inchiesta che giovedì scorso si è allargata e ha coinvolto anche l’ex premier Silvio Berlusconi e altre tre persone: il giudice Roberto Giovagnoli, l’ex funzionario della presidenza del Consiglio, Renato Mazzocchi e l’avvocato romano Francesco Marascio. 
Anche per Silvio Berlusconi il capo di imputazione del quale è accusato è corruzione in atti giudiziari in merito alla sentenza con cui il Consiglio di Stato lo esentò, il 3 marzo del 2016, dall’obbligo di cedere la quota eccedente il 9,99% detenuto in Banca Mediolanum, che il Tar aveva imposto all’ex premier dopo la condanna passata in giudicato per la vicenda dei Diritti Mediaset. A seguito della sentenza infatti, Bankitalia aveva sollevato il problema delle quote detenute da Silvio Berlusconi in Banca Mediolanum, perché aveva perso i requisiti di onorabilità in quanto condannato per frode fiscale.
L’opposizione di Fininvest alla decisione della Banca centrale si era inizialmente scontrata con il Tar del Lazio, che aveva respinto il ricorso inoltrato dai legali di Silvio Berlusconi, i quali allora si erano rivolti al Consiglio di Stato.
Con una sentenza del marzo 2016 i giudici del Consiglio di Stato hanno ribaltato il pronunciamento del Tar, ma secondo la Procura di Roma, anche quella decisione potrebbe essere stata pilotata da magistrati oggi accusati di essere  stati corrotti.
“Si tratta di una vicenda dalla quale il presidente Silvio Berlusconi era stato già archiviato, e siamo certi che accadrà di nuovo. Io e l’avvocato Coppi siamo tranquillissimi su questo. Non c’è alcuna possibilità di reperire elementi idonei per sostenere un’accusa in giudizio. Ci auguriamo solo che l’archiviazione avvenga in tempi brevi e siamo fiduciosi visto che le indagini sono affidate a un ottimo magistrato come il dott. Ielo”. Così l’avvocato difensore del leader di Forza Italia, Niccolò Ghedini, all’Ansa.