Ho perso tanto tempo nella mia vita, mi sono accontentato: non ho letto, non ho studiato. Potevo imparare una lingua straniera, girare il mondo: credo di essere l’unico cantautore della mia generazione a non aver mai fatto un tour all’estero. Ma quello che ho capito ora è che l’importante è essere nel presente, senza più malinconia e senza ansia nel futuro. Ecco, la paura che ho è di non vivere abbastanza il momento”. A 60 anni festeggiati due mesi fa (il 9 novembre), Biagio Antonacci, diventato padre per la terza volta a dicembre 2021, è pronto a rimettersi in gioco perché “il tempo ha un concetto lineare per noi occidentali, ma per gli orientali è una ruota che gira sempre nello stesso modo”.

Tra i big della scena pop italiana, ma non disdegna il rock latino che contraddistingue molte sue hit di successo, nato a Milano, trascorre a Rozzano l’adolescenza, entrando nel mondo della musica come batterista di piccole band di provincia. Lanciato da Ron a Sanremo 1988 tra le “nuove proposte”, manca la finale e nei primi due album stenta a decollare come artista. Va meglio come autore di testi per altri colleghi, tra cui Mietta e Mia Martini. La fortuna finalmente gli sorride con il terzo lavoro, “Liberatemi”, trascinato dall’omonimo singolo e che gli fa vendere 150.000 copie. La consacrazione arriva nel 1998 con “Mi fai stare bene” (700.000 copie vendute), dove compaiono tre dei suoi cavalli di battaglia più noti: ovviamente “Mi fai stare bene”, “Quanto tempo e ancora” e “Iris (tra le tue poesie)”. In questo periodo d’oro continua scrivere anche per gli altri, tra cui Laura Pausini che porta al successo “Tra te e il mare”.

Premiato tra gli altri come l’artista maschile con più dischi venduti in Italia, nel 2005, e con il “cd Multiplatino” (per le 120.000 copie vendute con l’album “Inaspettata”) ai Wind Music Awards 2011, ha nel calcio la seconda passione, che coltiva giocando per la Nazionale cantanti. Nel 2014 “fa 13” con l’album “L’amore comporta”, anticipato dal singolo “Ti penso raramente”. Nel 2017 esce l’album “Dediche e manie”. Da giugno ad agosto 2019 è in tournée estiva con la Pausini in 11 stadi italiani: Laura Biagio Stadi Tour 2019. Come anticipazioni del nuovo album di inediti, pubblica due brani: “Seria” e “Telenovela” e, sempre nel 2022, torna live nei palasport con il Palco centrale tour.

Ora ecco “L’inizio” che, come il titolo del suo nuovo album di inediti, il sedicesimo in 35 anni di carriera, esprime, dunque, proprio la voglia di non fermarsi. “Un nuovo inizio, perché è il bello della consapevolezza - aggiunge -. E il cambiamento per me rappresenta nuova energia, vitalità, nuovi orizzonti da raggiungere. Troppo spesso invece viene associato alla mancanza di coerenza perché siamo legati agli stereotipi, alle abitudini. Il cambiamento oggi è un atto di coraggio”. 

Nell’album, in cui il segno distintivo del vecchio Biagio incontra il nuovo, sfilano 15 brani nei quali i pensieri e le riflessioni di Antonacci sulla complessità del mondo che ci circonda hanno preso forma e sostanza: la paura del cambiamento, dell’abbandono, le contraddizioni sull’amore, le dipendenze emotive, la solitudine. Brani legati da un filo invisibile sulla condizione dell’uomo. “Non avevo intenzione di fare un concept album, me ne sono accorto alla fine: quando sono andato a riascoltarlo ho capito come le canzoni fossero legate una all’altra. Ed è qui che torna il concetto della consapevolezza: l’uomo non sarà mai libero, ma sarà consapevole”. 

Eppure Antonacci si sente libero, anche di fare un disco dopo cinque anni dall’ultimo, contro ogni regola del mercato discografico di oggi, in cui tutto viene consumato velocemente. “Claudio Baglioni l’ha sempre fatto, ma ultimamente anche qualche giovane, come Calcutta, non è andato di fretta: c’è un ritorno al cantautorato che medita quello che sta facendo. Il tempo è un lusso, è la vera ricchezza dell’uomo, non il denaro che complica il tempo. L’unico aspetto negativo è di non farsi prendere dalle paranoie: pensando di avere tanto tempo per un progetto, si finisce per elucubrare”, dice ancora il cantautore, nelle vesti del filosofo. 

Negli ultimi quattro anni, dunque, ha scritto molto, più di quello che è finito nel disco. “Per 15 brani che ho messo dentro, 15 ne ho tolti”. Anni che hanno portato con loro carichi importanti, che in qualche modo sono finiti anche nelle canzoni. “La musica attraversa tutti i pensieri che fai, da cantautore racconto il mio disagio - spiega l’artista -. Ho attraversato il Covid a gamba tesa, ho trattenuto il fiato e ho fatto uscire solo il nettare. E poi le guerre intorno a noi, quelle che vediamo e le tante altre di cui non sappiamo nulla perché non hanno copertura mediatica. Il senso d’impotenza davanti a questi crimini si impadronisce di noi. Ma siamo uomini, la verità è nei drammi. Nella leggerezza c’è sempre una uniforme che non rispecchia vita vera”.

Tra le tracce del nuovo album scritto da Antonacci con la collaborazione tra gli altri di Michele Canova, Placido Salomone, Davide Simonetta, Zef e il figlio Paolo (l’unico brano che non firma è quello che dà il titolo al lavoro, di Giorgio Poi), c’è anche il feat con Tananai e Don Joe per “Sognami”, il brano del 2007 tornato a nuova vita grazie alla partecipazione dell’anno scorso al festival di Sanremo nella serata delle cover, proprio al fianco di Tananai. Lui che il festival non l’ha mai frequentato troppo, tanto meno in gara, tanto da rimuovere la sua partecipazione nel ‘93. “È vero! Pensavo di esserci stato solo nell’‘88 tra le Nuove Proposte, quando ero giovane e bello. Ma nel ‘93 ero già famoso, il festival non mi serviva. Magari ci penserò per la prossima volta”.