Siamo indubbiamente in uno dei momenti più critici per l’intero mondo, e non sono soltanto le guerre, lunghe, devastanti e pericolose, a preoccupare.
Viviamo infatti un’epoca segnata da rapide trasformazioni economiche e tecnologiche, il cui progredire ha indubbi vantaggi sulla qualità della vita, aumentando la produttività, semplificando le comunicazioni globali e favorendo soluzioni innovative nei settori della salute, dell’energia e dell’istruzione. Tuttavia resta innegabile che vi siano anche significativi rischi con cui imparare a convivere e da provare a indirizzare. L’automazione e l’innovazione, infatti, sono state da sempre accompagnate dal fantasma del calo occupazionale.
Se è vero che in determinati settori il rischio è più concreto che in altri, è altrettanto vero che siamo a bordo di un treno in corsa ad alta velocità che non è possibile fermare e quindi l’unica strada percorribile è quella di provare a bilanciare innovazione e responsabilità per garantire un futuro equo e sostenibile per tutti.
Questi momenti storici sono quelli dove si assiste alla crescente disillusione nei confronti delle istituzioni e della politica, dove l’ideologia viene spesso considerata un concetto troppo obsoleto e, da alcuni, addirittura pericoloso.
Si invoca pragmatismo, si chiede che i problemi contingenti vengano risolti nell’immediato con soluzioni pratiche e di facile impatto, di grande spendibilità per una futura campagna elettorale ma poi ci si lamenta perché sembra mancare una visione del futuro, una idea del mondo che lasceremo alle generazioni che verranno dopo di noi.
Tuttavia, l’ideologia, intesa come un insieme coerente di valori, idee e visioni per il futuro, rimane un elemento essenziale e insostituibile della politica contemporanea. In un mondo articolato in maniera sempre più complessa, dove i cittadini sono bombardati da informazioni contrastanti, un leader politico che adotti una visione ideologica chiara non solo si dimostrerà capace di orientare la sua azione politica, ma sarà anche capace di essere un punto di riferimento credibile.
Una politica che abbia alla base un quadro ideologico ben chiaro definisce il senso di responsabilità e senza un quadro ideologico, il rischio è che le azioni politiche siano meramente reattive, ossia semplicemente una serie di risposte a eventi o pressioni immediate. Questo approccio può risolvere problemi contingenti ed è necessario che si abbia anche la capacità di accogliere le istanze della popolazione e offrire soluzioni, ma nel contempo non si può essere privi di un’ottica a lungo termine e di una visione capace di ispirare e mobilitare.
L’ideologia non riguarda solo la pianificazione o le soluzioni; rappresenta anche i valori fondamentali che definiscono una comunità. In un momento storico in cui molte persone sentono di aver perso il senso di appartenenza o che i loro interessi non siano rappresentati, l’ideologia può fungere da collante. Può offrire identità e significato in un contesto frammentato.
Questo aspetto è particolarmente cruciale in un’epoca di polarizzazione politica. Senza ideologie solide, le divisioni non si basano più su valori o visioni diverse per il futuro, ma su antagonismi personali e populismo. Riconoscere e valorizzare il ruolo dell’ideologia significa anche restituire alla politica il suo ruolo di confronto di idee, piuttosto che di semplice scontro di interessi.
Una base ideologica dichiarata pubblicamente e, possibilmente, con quanta più chiarezza politica offre una sorta di piattaforma fiduciaria implicita con gli elettori: garantisce, o almeno dovrebbe, che le azioni politiche adottate siano in linea con una visione più ampia e non siano semplicemente dettate da convenienze politiche o pressioni contingenti e momentanee.
Questo non significa che l’ideologia debba essere rigida. Al contrario, le strutture ideologiche più efficaci sono quelle capaci di evolversi e adattarsi ai cambiamenti sociali ed economici, mantenendo però intatti i principi fondamentali. Il pragmatismo non è il nemico dell’ideologia, ma il suo alleato, a patto che quest’ultimo non si trasformi in opportunismo.
Quanto accaduto la scorsa settimana, con il Tesoriere Jim Chalmers che in Parlamento ha dato un quadro della situazione economica del Paese, è stata, in fondo, una sintesi della struttura ideologica alla base delle scelte di politica economica di questo governo.
Un approccio ideologico contestabile nel merito dalle opposizioni, così come è avvenuto e presumibilmente continuerà ad avvenire nel percorso di avvicinamento alle prossime elezioni, ma rispetto al quale, come detto, non si può non riconoscere coerenza al titolare del ministero del Tesoro.
Nel saggio pubblicato lo scorso febbraio da The Monthly, Chalmers aveva definito con grande chiarezza quale fosse la sua idea di economia, in una visione che prova a unire pragmatismo all’ideologia progressista, con un approccio che cerca di integrare crescita economica, giustizia sociale e sostenibilità ambientale.
Un percorso al centro di un acceso dibattito, con l’opposizione più critica che accusa i laburisti di perseguire un’agenda troppo ideologica a scapito delle priorità economiche immediate.
Chalmers ha ribadito il suo impegno per un’economia inclusiva, che non solo promuova la crescita ma ridistribuisca i benefici tra le diverse fasce della popolazione. Al centro di questa visione c’è l’obiettivo di affrontare le disuguaglianze economiche attraverso investimenti mirati in settori strategici, come l’energia rinnovabile, l’edilizia abitativa e le infrastrutture pubbliche. Questa filosofia riflette la convinzione che il governo debba svolgere un ruolo attivo nel plasmare un futuro più equo, contrastando le forze di mercato che spesso aggravano le disuguaglianze.
E l’intervento dei giorni scorsi sul Future Fund sembra andare proprio nella direzione indicata, con il tentativo di indirizzare il fondo sovrano australiano verso investimenti in linea con l’agenda politica laburista, come, ad esempio, le rinnovabili. Sebbene presentato come un passo verso un futuro sostenibile, con una visione, appunto, questo approccio non può non sollevare legittime preoccupazioni. Dall’opposizione sono stati molto netti nel criticare una mossa che, secondo Peter Dutton e la sua squadra, andrà a politicizzare un’istituzione finanziaria indipendente, minando la fiducia degli investitori e introducendo rischi a lungo termine per la stabilità economica.
I detrattori di Chalmers sostengono che il suo approccio ideologico potrebbe ignorare le sfide economiche immediate, come l’inflazione persistente e il calo del potere d’acquisto. Mancano ormai pochi mesi e vedremo se quello che criticano i detrattori di Chalmers e Anthony Albanese sarà anche la base della diffidenza da parte degli elettori, soprattutto di quelli appartenenti alle fasce economicamente più vulnerabili e che maggiormente stanno subendo gli effetti del crescente impatto dell’aumento del costo della vita.
Bilanciare ideologia e risposte concrete, leggere le istanze della società e offrire adeguata attenzione, questo potrebbe essere il vero elemento chiave su cui il governo dovrebbe concentrare le proprie forze nella prossima campagna elettorale.