SYDNEY - A Bondi Beach si intravedono i primi, timidi segnali di ritorno alla normalità.

All’alba, residenti e frequentatori della spiaggia hanno trovato rimossi fiori, fotografie e messaggi lasciati in memoria delle vittime dell’attacco terroristico antisemita del 14 dicembre. I tributi sono stati raccolti dai servizi comunali attorno al Bondi Pavilion e lungo i percorsi pedonali, mentre l’unico attentatore sopravvissuto ha trascorso la sua prima notte in carcere.

Naveed Akram, 24 anni, è accusato insieme al padre Sajid Akram, 50 anni, di aver compiuto la sparatoria più grave in Australia dal 1996, costata la vita a 15 persone innocenti durante una celebrazione dell’Hanukkah. Sajid Akram è stato ucciso dalla polizia sul posto, mentre il figlio, ferito durante l’intervento, è stato dimesso da un ospedale del nord di Sydney e trasferito lunedì in un carcere in una località non resa pubblica, dove resterà in custodia fino alla prossima udienza prevista per aprile.

Nelle ultime ore un tribunale ha reso pubblici nuovi atti che dettagliano le accuse della polizia. Secondo gli investigatori, i due uomini, ispirati dallo Stato Islamico, avrebbero preparato ordigni esplosivi artigianali e svolto addestramenti con armi da fuoco in un’area regionale, presumibilmente nel New South Wales. Dopo aver parcheggiato vicino a un ponte pedonale su Campbell Parade, avrebbero lanciato tre bombe artigianali riempite di sfere d’acciaio e un ordigno nascosto in una palla da tennis verso la folla radunata ad Archer Park, prima di aprire il fuoco. Gli ordigni non sono esplosi, nonostante fossero ritenuti “funzionanti”, e un altro dispositivo sarebbe stato trovato nel bagagliaio dell’auto.

Le immagini delle telecamere di sicurezza mostrerebbero inoltre padre e figlio mentre effettuano sopralluoghi nell’area circa 48 ore prima dell’attacco, rafforzando l’ipotesi di una pianificazione accurata.

Sul piano politico, il primo ministro Anthony Albanese ha chiesto scusa alla comunità ebraica per quanto accaduto “sotto il suo mandato” e ha annunciato nuove leggi contro l’incitamento all’odio, oltre a un rafforzamento dei poteri per revocare i visti a non cittadini che predicano violenza. Ha però escluso una commissione reale federale, sostenendo invece un’inchiesta statale e una revisione più limitata delle agenzie federali di sicurezza e intelligence.

La Coalizione continua a esercitare pressioni, presentando propri termini di riferimento per una commissione nazionale. Albanese ha respinto l’idea che un’indagine del genere possa concludersi in sei mesi, definendola irrealistica. La leader dell’opposizione Sussan Ley ha liquidato la posizione del governo come una “scappatoia”, affermando che l’unità invocata dall’esecutivo non può prescindere da risposte rapide e incisive.