BUENOS AIRES – “Qualche emendamento lo abbiamo portato a casa, ma la legge è disorganica”. Il senatore Mario Borghese – eletto per il Maie (Movimento associativo italiani all’estero) nella circoscrizione sudamericana – commenta le nuove norme sulla cittadinanza, il cosiddetto decreto Tajani, all’indomani dell’approvazione definitiva alla Camera dei Deputati.
Per Borghese, la responsabilità di questa legge spuria è “per il 70 per cento di Forza Italia, per il 20 per cento di Fratelli d’Italia e per il 5 per cento della Lega”.
La sinistra “è rimasta passiva – dice – se escludiamo l’opposizione portata avanti dai parlamentari eletti nelle circoscrizioni estere”, come il deputato Fabio Porta (anche lui appartenente alla circoscrizione dell’America Merdionale) e il senatore australiano Francesco Giacobbe, entrambi del Pd.
“Ora l’Italia si ritrova con una normativa che non è né ius sanguinis né ius soli”, osserva il senatore.
La sensazione è che il governo giochi proprio su questa ambiguità e che usi lo ius soli per limitare lo ius sanguinis (ossia la trasmissione per discendenza senza essere per forza nati in Italia) e viceversa.
Altrimenti, se la nascita in territorio italiano fosse davvero così importante, non si capisce perché non offrire subito la cittadinanza ai bambini stranieri nati in Italia da genitori immigrati regolari, anziché rimandare tutto al compimento del 18° anno. Tema in discussione da oltre 10 anni e sul quale nessun governo ha mai forzato la mano.
I parlamentari degli italiani all’estero hanno letteralmente “strappato” alcune concessioni, ma l’impianto della legge resta inspiegabilmente punitivo.
“Abbiamo recuperato la trasmissione diretta dai genitori ai figli nati all’estero, purché iscritti all’Aire e purché la pratica amministrativa avvenga entro il primo anno di vita del bambino – dice Borghese –. Abbiamo anche ottenuto una sorta di sanatoria, anch’essa della durata di un anno, per i figli minorenni”.
E anche su questo ci sarebbe da discutere, perché la trasmissione iure sanguinis non dovrebbe avere data di scadenza. La registrazione al Consolato è solo un atto amministrativo per ufficializzare un diritto che resta, anche qualora non venga esercitato.
Non solo. “Riteniamo che la sanatoria dovrebbe applicarsi a tutti i fratelli – continua Borghese –. Già sappiamo di casi di famiglie con un figlio di 17 anni e uno di 19. Il primo potrà diventare cittadino italiano, il secondo no”. Una palese violazione del principio dell’uguaglianza sancito dalla Costituzione nell’articolo 3.
“Dice Tajani che questa legge vuole rafforzare i legami tra l’Italia e le sue comunità all’estero – afferma Borghese –. Sarà. Per ora sta solo separando molte famiglie”.
Un’altra piccola vittoria riguarda circa 32.000 “cartelline” con la documentazione richiesta per la cittadinanza, già consegnate ai consolati prima del 27 marzo (dato del decreto), ai cui possessori, però, non era ancora stato assegnato un appuntamento. “Siamo riusciti a ottenere che le nuove norme non si applichino in modo retroattivo a queste persone”, spiega Borghese.
Un terzo aspetto riguarda gli oriundi senza cittadinanza, che vogliano trasferirsi in Italia per lavorare o studiare.
“Per loro è prevista una sorta di ‘decreto flussi’ riservato – continua il senatore –. Se dimostrano di avere antenati italiani potranno venire a vivere nel Paese e saranno facilitati per quanto riguarda il permesso di soggiorno”. E dopo 10 anni di residenza legale (5, se passa il referendum abrogativo dell’8 giugno) potranno diventare cittadini per naturalizzazione.
Qualcosa di simile sta già avvenendo in Regione Lombardia, con il progetto “Talenti lombardi nel mondo”, che ha anche attivato una piattaforma con un elenco di cognomi tipicamente lombardi, per verificare se il proprio sia tra essi.
Il principale di cruccio espresso dal ministro degli Esteri Antonio Tajani durante la sua visita a Buenos Aires, a ottobre 2024, era proprio il timore che molti volessero la cittadinanza, senza un vero vingolo affettivo e culturale con l’Italia, per ottenere “un passaporto forte” con il quale viaggiare in Europa e magari fermarsi in Spagna, facilitati dalla lingua.
Tutto questo mentre l’Italia attraversa da decenni una fase di autunno demografico e ha bisogno di energie giovani e lavoratori qualificati.
Non si è chiesto, però, Tajani da cosa dipenda il fatto che l’Italia non attrae i suoi cittadini nati all’estero.
Se davvero si tratta di una barriera linguistica (davvero bassa, considerato il livello di intercomprensione tra italiano e spagnolo) o piuttosto l’infimo livello degli stipendi, la difficoltà a trovare una casa in affitto a un prezzo accettabile e soprattutto il fatto che Italia e Argentina non hanno accordi per il reciproco riconoscimento del valore legale del titolo di studio, a differenza della Spagna. Un avvocato argentino non può praticare la professione in Italia e viceversa.
“Siamo felicissimi di questa porta d’accesso per gli oriundi, anche di quarta o quinta generazione, per la quale ci siamo battuti”, dice Borghese. Che tuttavia non rinuncia a mettere in evidenza una contraddizione.
Una delle ragioni del giro di vite sulla cittadinanza voluto dal governo è legata ad alcune truffe, avvenute soprattutto in Brasile, nelle quali gli aspiranti alla cittadinanza presentavano falsi atti di nascita di presunti antenati italiani. Ora, per entrare in Italia, basterà semplicemente dimostrare di avere un trisavolo di origini italiane, anche senza cittadinanza.
Uno dei tanti problemi rimasti aperti è quello dell’esclusione, dalla catena della trasmissione, delle persone con doppia cittadinanza. “Un provvedimento che lascia perplessi nel merito e che cozza con accordi esistenti tra Italia e Argentina – assicura Borghese –. Noi crediamo che questi aspetti, se non si risolvono in Parlamento, si risolveranno in tribunale”.