FIRENZE - “Vorrei vedere un’Italia generosa. Come ha detto il ct Spalletti, l’obiettivo, oltre che poter pensare di vincere, è quello di regalare emozioni a chi ti guarda e renderlo orgoglioso di essere rappresentato da ragazzi, da una squadra e da un ct che sono bravi, altruisti e che mandano messaggi positivi”.
Gigi Buffon torna in Nazionale e lo fa per la prima volta non da calciatore ma da dirigente. Il presidente federale Gabriele Gravina gli ha idealmente ceduto i gradi di capo delegazione azzurro della squadra da poco affidata a Luciano Spalletti, sperando che proprio uno dei monumenti del nostro calcio possa dare quella spinta alla ripartenza di un’Italia che inevitabilmente ha subito un trauma con le sorprendenti dimissioni di Roberto Mancini.
E proprio Buffon da Coverciano ha indicato che Nazionale vorrebbe rivedere oggi, lui che tante ne ha vissute in passato essendo il giocatore con maggior numero di presenze in azzurro.
“Quella del 2006 ad esempio, al di là dei campioni che eravamo, era veramente un’Italia solidale, altruista, che si sarebbe spesa fino all’ultimo goccia di sudore per il compagno in qualsiasi situazione”, rivendica Buffon, che cita anche l’Italia del 2012, “arrivata seconda all’Europeo con determinate difficoltà ma anche quella del 2016 con Antonio Conte che probabilmente non è stata l’Italia più bella o la più forte che abbiamo avuto in questi anni di storia però è stata un’Italia che ha saputo emozionare la gente”.
“In questi giorni - ha raccontato ancora Buffon - ho avuto la fortuna di stare vicino al presidente Gravina e al mister con il suo staff e devo dire che ho risentito parlare di concetti, di emozioni, di valori che secondo me sono imprescindibili se si vuole arrivare ad un obiettivo che sia almeno minimo perché poi ci sono anche degli avversari che devi affrontare man mano e ci sta ogni tanto di rimbalzare e uscirne sconfitti, però ho la sensazione che l’Italia, con Luciano Spalletti come ct, abbia veramente trovato l’uomo giusto al momento giusto”.
Inevitabile però tornare sull’addio di Mancini, “una scelta sicuramente inaspettata alla quale però mi sembra che la Federcalcio abbia dato delle risposte molto celeri e soprattutto molto convincenti, e questa è la cosa che più interessa al mondo e ai tifosi azzurri”.
Per quanto riguarda invece il suo nuovo ruolo, Buffon ringrazia Gravina e Spalletti per la fiducia, “qualcosa sicuramente di non dovuto e non scontato. Il fatto che nel loro immaginario una figura come la mia potesse essere uno strumento di unione, condivisione, altruismo e miglioramento di quello che doveva essere un percorso nuovo, mi inorgoglisce, mi stimola e rende me, come il mister, un uomo felice perché torno in un ambiente che penso di conoscere abbastanza bene”.
“Anche in questa nuova veste - ha detto ancora Buffon - penso che alla fine il mio ruolo sia quello di poter dare un piccolo contributo e mettere un piccolo mattoncino in quelle che saranno tutte le dinamiche che andremo a vivere in futuro”.
Buffon eredita il ruolo di capo delegazione azzurra da Gianluca Vialli. “Il ricordo di Gianluca è immenso e bellissimo perché avevamo un rapporto straordinario anche fuori dal campo tanto che negli anni, anche dopo che aveva smesso, continuavamo a scambiarci le maglie, con lui mi dava quelle vecchie della Sampdoria. C’era una condivisione totale e poter pensare o avere la presunzione di poter essere da subito al pari suo, o raggiungere i suoi livelli, sarebbe sbagliato perché ognuno di noi ha un proprio passato ed un proprio percorso attraverso il quale uno matura. Venire qua cercando di riproporre un Gianluca Vialli sarebbe sbagliato perché non ne sarei all’altezza e quindi cercherò di essere quello che sono sempre stato, ed è il motivo per il quale qualcuno mi ha anche apprezzato, cercando di aiutare il presidente, il mister e la squadra con un consiglio, una parola, con un qualcosa che si può scorgere e che magari può essere sfuggito agli occhi degli altri”.
Per Buffon non c’è stata nessuna gara d’addio con la Nazionale ma quwesto non è un rimpianto, anzi, perchè “nel momento in cui chiudo devo pensare al presente e al futuro e non più al passato altrimenti rischio di essere risucchiato in un buco che non mi piace. Si va avanti, è stato bellissimo fare il calciatore, adesso arriva un’altra avventura”.
Sottolineato invece come per lui sia “un cruccio non aver fatto il sesto Mondiale perché nella storia è un qualcosa di più unico che raro però la vita è sempre stata talmente benevola nei miei confronti, e sono cose che un uomo di sport deve saper accettare”, Buffon ha concluso confessando come non sia stato per nulla difficile smettere di giocare “perché sono anche arrivato ad un’età che poteva portare a questa decisione. Quando mi sono fatto male - il riferimento all’infortunio nel finale della scorsa stagione - ho capito che era il momento di chiudere. A fine primo tempo dei play-off di serie B disputati a Cagliari avevo già deciso”.