Per un adulto, imparare una seconda lingua è un viaggio a ostacoli. Non si tratta di un processo spontaneo, ma di un paziente assemblaggio di tessere: vocabolario, sintassi, regole ed eccezioni. Ogni nuova parola, ogni costruzione grammaticale è il frutto di uno sforzo consapevole, di un esercizio della memoria e di un’esposizione intenzionale e continua all’input linguistico. Per un bambino, invece, le cose funzionano diversamente. Entro una certa età, apprendere una nuova lingua può avvenire con una naturalezza sorprendente, specialmente se il piccolo è immerso in un contesto in cui quella lingua è parlata quotidianamente.
Gli studiosi parlano di ‘finestra critica’: una fase precoce della vita in cui il cervello, non ancora specializzato nella suddivisione dei compiti tra emisfero destro e sinistro, assorbe il linguaggio con una fluidità che da adulti è impossibile replicare. È proprio in questi anni che l’esposizione guidata a una seconda lingua può fare davvero la differenza. Anche in contesti in cui l’idioma dei genitori, o addirittura dei nonni, è percepito come ‘straniero’, è possibile gettare le basi di un bilinguismo solido e duraturo.
Non è una novità per chi lavora nel campo, come Agnese Bresin. Romana di nascita, oggi vive nella periferia nord di Melbourne, dove da pochi mesi ha aperto Buongiorno Bimbi, una scuola di lingua italiana per bambini da zero a cinque anni. Un progetto che nasce da un percorso personale e professionale intrecciato con l’idea stessa di identità linguistica.
Agnese arriva in Australia per la prima volta nel 2009, grazie a un assistentato del Co.As.It. Dopo una parentesi europea, torna a Melbourne per concludere un dottorato in Sociolinguistica italiana presso l’Università di Melbourne. “Ho lavorato nel mondo accademico, tra ricerca e insegnamento, con grande entusiasmo – racconta –, ma senza un posto fisso ho capito che dovevo reinventarmi, trovare una nuova direzione”.
Nel frattempo, nella sua vita entrano un compagno australiano e due bellissime figlie, oggi di tre e cinque anni e mezzo. Crescono bilingui, tra inglese e italiano. Ed è proprio osservando loro che è nata la spinta verso un nuovo orizzonte: aiutare altri bambini a crescere con due lingue.
“Ho cominciato a mettermi in contatto con famiglie italofone. Ho visto subito che si creavano cose bellissime: amicizie, scambi, entusiasmo – aggiunge –. I bambini parlano tra loro in italiano, le famiglie ritrovano una parte delle proprie radici. Cultura e lingua vanno insieme. Abbiamo organizzato il Carnevale, giochi tradizionali... Ho capito che c’era una strada da seguire”.
Il quartiere di Lalor, però, è ancora un territorio scoperto: “Ho fatto una piccola indagine di mercato e ho scoperto che c’erano molte scuole simili, ma nessuna in questa zona. Così, incoraggiata da tanti genitori, è partita l’avventura. La scuola ha aperto il primo febbraio”.
Buongiorno Bimbi offre due classi: una per i piccolissimi, da zero a tre anni, e una per i più grandi, fino ai cinque. L’atmosfera è giocosa, ma dietro c’è un approccio serio, consapevole, frutto di studio e passione. “Nel mondo accademico ogni affermazione va fondata, difesa, argomentata. Qui lavoro con la pancia, con il cuore. L’essere diventata madre mi ha aperto gli occhi su quanto sia potente l’apprendimento linguistico nei bambini. Sono cervelli incredibili, mi stupiscono ogni giorno”.
Il metodo è semplice quanto efficace: letture, giochi, musica, interazione. “Quando ci incontriamo portiamo libri, cantiamo, ascoltiamo storie. Dopo le sessioni mando ai genitori una playlist con le canzoni del giorno. La musica ha un potere magico: aiuta nella memorizzazione, nella pronuncia, nell’acquisizione dell’intonazione. E trasmette anche contenuti culturali”.
Per Agnese, il bilinguismo non è solo una risorsa, ma un mondo in cui i suoi figli si muovono con sicurezza. “Mia figlia maggiore spesso fa da mediatrice: comprende entrambe le lingue e aiuta a tradurre, a spiegare concetti a chi non parla bene uno dei due idiomi. L’altro giorno, ad esempio, ha costruito a scuola una ruota con le stagioni. Abbiamo girato un video per i nonni, che parlano solo italiano. Lei ha spiegato tutto con naturalezza e ha anche precisato che, vivendo nell’emisfero sud, le stagioni sono diverse rispetto all’Italia. È come se avesse accesso a due mondi: quello linguistico-culturale italiano e quello australiano”.
E nella comunità italiana? Le sfide non mancano. “Molte famiglie non parlano italiano a casa, ma il dialetto. Altre hanno perso la lingua in una sola generazione. Oggi, però, viviamo in un’epoca diversa, in cui le diversità linguistiche sono celebrate. Il mio consiglio è semplice: parlate la vostra lingua con i figli, senza paura. Anche se non la parlate perfettamente. La comunicazione si adatta, si aggiusta, e i bambini imparano. Se aspettiamo di essere perfetti, non parleremo mai”.
Un consiglio che vale anche per le famiglie miste: “Un’infermiera ha detto a una coppia che conosco – uno italiano, l’altro anglofono – di parlare entrambi la lingua di minoranza. Tanto l’inglese, crescendo in Australia, lo impareranno comunque”. L’importante, dunque, è creare un ambiente linguistico ricco. Cartoni animati, canzoni, libri. È così che nasce la consapevolezza.
E proprio questa consapevolezza, aggiunge la ricercatrice, ha un valore inestimabile. “Il bilinguismo dà ai bambini una marcia in più. Sviluppano una capacità metalinguistica, cioè la capacità di riflettere sul linguaggio stesso. Capiscono le strutture, i significati, le sfumature. È un dono che i monolingui non hanno. E vederlo nascere, giorno dopo giorno, è un’emozione che non finisce mai”.