BUENOS AIRES – Una breve introduzione, agiografica ma sincera, sulle comunità italiane nel mondo, sul contributo dei nostri immigrati allo sviluppo del Paese ospitante. Così il deputato italiano Salvatore Caiata (Fratelli d’Italia) si è diretto alla platea dei partecipanti della Cena del Lunes del Círculo Italiano: “Sono storie di successo. E lo si capisce dalle vostre presentazioni, dalle professioni che svolgete, dalle posizioni che avete raggiunto nella società”.

Accompagnato dall’Ambasciatore Fabrizio Lucentini e dal Console Generale Carmelo Barbera, Caiata ha condiviso alcune riflessioni sulla comunità italiana in Argentina e sull’importanza di rafforzare i legami economici e culturali tra i due Paesi.

Ha voluto dare spazio ai presenti, raccogliendo inquietudini e domande. Molti dubbi riguardano le possibili modifiche della legge sulla cittadinanza, che eventualità che è stata perentoriamente esclusa del deputato, secondo il quale l’attuale normativa garantisce e bilancia perfettamente i diversi interessi.

No, quindi, al cosiddetto ius scholae, ossia alla concessione dalla cittadinanza a chi conclude in Italia un ciclo scolastico. “È possibile naturalizzarsi dopo 10 anni di residenza e lavoro nel Paese, il Governo non vede necessario introdurre nuove procedure” risponde.

Evita sapientemente il tema di possibili cambiamenti nelle regole dello ius sanguinis, “attaccato” periodicamente da progetti di legge (l'ultimo dei quali presentato dal senatore Roberto Menia, dello stesso partito di Caiata) che mirano a restringere la possibilità di acquisire la cittadinanza per discendenza oltre la terza o quarta generazione.

Caiata ha sostenuto che proprio la cittadinanza italo-argentina può avere un ruolo chiave e promuovere una maggiore integrazione tra i due Paesi.

Interrogato sugli immigrati di nuova generazione, nativi italiani arrivati in Argentina negli ultimi 20 anni, Caiata ha affermato che si tratta, a suo parere, soprattutto di mobilità, più che vera immigrazione. Nomadi digitali, persone che transitano nel Paese e ci soggiornano per pochi mesi per poi trasferirsi altrove e ricominciare.

In realtà in Argentina esiste una comunità di nuova immigrazione con caratteristiche di stanzialità. Sicuramente minoritaria rispetto ai flussi dei due dopoguerra, ma non trascurabile. È costituita da docenti, ricercatori, professionisti nel campo della cultura e dell’arte, ristoratori e imprenditori in grado di fare massa critica e che meriterebbero più attenzione da parte delle istituzioni.

È stato l’Ambasciatore Lucentini a intervenire, sottolineando l’importanza – per questa comunità – della cittadinanza attiva, la partecipazione, la presenza nelle istituzioni per fare sentire la propria voce.

Durante la cena sono stati toccati argomenti molto eterogeni, con interventi che spaziavano dall’economia e finanza al calcio.

Alla domanda su quali settori sia conveniente investire oggi in Italia, Caiata ha risposto senza esitare il turismo (anche in prospettiva del Giubileo del prossimo anno, che porterà pellegrini da tutto il mondo). “Sulla cultura il governo ha fatto un lavoro importante – dice –. Quest’anno è aumentato il numero dei visitatori nei musei. Potremmo raddoppiare il numero dei musei solo con le opere conservate nei caveau”.

Altro settore in crescita è quello delle energie rinnovabili: mare, vento, sole… “Sono in grande sviluppo nel Sud Italia, che si candida a diventare fornitore in tutta Europa” dice.  

Una tema molto attuale riguarda il futuro delle squadre di calcio e il nuovo assetto societario a cui le vorrebbe obbligare il governo. Su questo la risposta di Caiata, che è stato presidente del Potenza Calcio, ha spiazzato il pubblico.

“Mi pare che il sistema delle partecipate, in vigore in Argentina sia il migliore – ha detto –. In Italia ora il calcio è affidato a una proprietà, una presidenza che se ne fa carico. Se la proprietà è illuminata va bene, ma se non lo è fa un danno non solo alla squadra, ma a un’intera città”.

Secondo Caiata, dove le squadre sono società, i fallimenti sono più frequenti. “Una squadra è patrimonio di una collettività – afferma –. Veicola valori, senso di appartenenza, addirittura memoria. Tutti ricorderete cosa facevate, dove e con chi eravate quando l’Argentina ha vinto il mondiale. Il calcio è quella cosa che ci fa abbracciare degli sconosciuti. Insomma, non cambierei il sistema argentino”.