È stata una festa del re-incontro: quello della comunità calabrese con se stessa e con la città di Buenos Aires, dopo la pandemia.

Per tre anni, infatti, “Buenos Aires celebra Calabria” era stato sospeso. E persino questa edizione del 2023 è stata un po’ sofferta: avrebbe dovuto infatti tenersi domenica 16 aprile, ma è stata rimandata di una settimana a causa del previsto maltempo.

Oggi, finalmente, la comunità italiana più numerosa in Argentina ha potuto tornare a essere protagonista.

Si calcola che siano 3 milioni i calabresi immigrati dalla fine dell’800 a oggi.

“Una comunità che si rinnova – dice Leonardo De Simone, presidente di FACA (Federazione delle Associazioni Calabresi in Argentina) –, non solo perché il flusso migratorio non si è mai interrotto, ma perché quei tre milioni vivono in ognuno di noi”.

Li ricorda, nel suo intervento, anche Irma Rizzuti, presidentessa della Lega delle Donne Calabresi: “Donne e uomini coraggiosi che non hanno esitato a partire per dare alle proprie famiglie più benessere. L’Argentina gli ha aperto le braccia”.

Avenida de Mayo si è così riempita di stand di gastronomia e delle varie associazioni regionali presenti sul territorio argentino. Non solo quelle della capitale: rappresentanti della comunità sono arrivati da Rosario e persino Mendoza. Immancabile, poi, la statua di San Francesco de Paola, patrono della regione. E tanta musica, balli e canzoni popolari.

Per Marco Petacco, console generale italiano, “Buenos Aires celebra Calabria” era una specie di “conto in sospeso”, dal momento che in Argentina ha preso servizio solo nel 2020, in pieno lockdown.

“Di tutti i posti dove ho lavorato – dice – qui è più tangibile il lavoro della collettività per celebrare e mantenere vive le radici”.

Senza i calabresi l’Argentina non avrebbe avuto uno scrittore come Ernesto Sábato, né lo stadio Amalfitani del Vélez Sarsfield.

Per Pamela Malewicz, subsegretaria per i Diritti Umani e il Pluralismo Culturale della Città di Buenos Aires, “poter rivendicare le proprie origini vuol dire avere il diritto di essere”.

Uno sguardo al passato, alle radici, ma anche un forte impegno nella costruzione di una nazione giovane, come sottolinea Darío Signorini, presidente del Comites della capitale: “Oggi ricordiamo chi ci ha portato a questo mondo, l’Argentina, del quale ci sentiamo un po’ soci fondatori”.

Per tutto il pomeriggio il dialetto si mescola all’italiano e allo spagnolo, le note della tarantella a canzoni più moderne come Il cielo è sempre più blu di Rino Gaetano, nato a Crotone. Contrasti che non stonano perché sono parte della ricchezza implicita nell’essere porteños.

“Nel resto del mondo le differenze generano le guerre – dice Santos Gastón Juan, presidente della Federazione Argentina delle Collettività –. A Buenos Aires hanno generato famiglie”.