ROMA - Il Movimento 5 Stelle esce malissimo dalla lunga trattativa per rinnovare le presidenze delle commissioni parlamentari di Camera e Senato, travolto da malumori contro i vertici che esplodono come schegge in mille direzioni. A farne le spese è anche Liberi e Uguali, al quale non viene assegnata nemmeno una presidenza. Tanto che Roberto Speranza è nero e lo dice direttamente: serve “un chiarimento immediato all’interno della maggioranza”.

A mandare in pezzi la tenuta dei gruppi parlamentari pentastellati è l’accordo sui nomi presentati da Pd e Italia Viva ai quali i vertici 5 Stelle hanno dato il via libera. L’intesa prevedeva 14 presidenti al M5S, 9 al Pd, 4 a Italia Viva e uno a LeU. Tra i prescelti ci sono però nomi indigeribili per i pentastellati tra i quali i dem Piero Fassino agli Esteri e Piero De Luca (figlio del governatore campano Vincenzo) all’Ambiente per la Camera e l’ex governatore abruzzese Luciano D’Alfonso alle Finanze del Senato. Ma soprattutto i renziani Raffaella Paita ai Trasporti e Luigi Marattin  alle Finanze della Camera. Alla fine il Pd cede e sostituisce De Luca, ma i renziani non cedono su Marattin che è nome più critico. Durante le votazioni finali, segrete, esplode allora la rabbia dei gruppi parlamentari 5 Stelle, che favorisce i colpi di mano delle opposizioni. Al Senato, in ben due delle 14 commissioni, la maggioranza va in frantumi facendo eleggere due senatori della Lega al posto di Piero Grasso (LeU) e di Pietro Lorefice (M5s), mentre alla Camera l’elezione alla Giustizia di Catello Vitiello di Iv al posto del candidato di M5s, Mario Perantoni, è un tiro mancino dei renziani che rimette in discussione tutti gli accordi. Tanto che ad intervenire è la stessa Maria Elena Boschi, che impone a Vitiello di dimettersi e restituire la presidenza ai 5 Stelle per salvare la poltrona di Marattin. I dissidenti pentastellati all’elezione del renziano però non mollano e i vertici 5 Stelle sono costretti, per far passare Marattin, a sostituire 10 dei loro in commissione Finanze.

Una mossa che fa ottenere la presidenza a Marattin, anche grazie all’appoggio segreto di Forza Italia, ma che scatena una vera e propria rivolta nel M5s. “Quello che è andato in scena ieri qui alla Camera è inaudito, surreale, gravissimo”, scrive la deputata pentastellata Yana Ehm. Ma è un sentimento diffuso e il suo collega Leonardo Donno si dimette da capogruppo nella Bilancio, parlando di “fallimento” del direttivo pentastellato alla Camera. Nel mirino ci sono tutti i vertici, a partire dal capogruppo, Davide Crippa, e dal vice Riccardo Ricciardi, dei quali si chiedono le dimissioni, ma nella bufera c’è anche Vito Crimi, considerato non adatto nel ruolo di capo politico e che ha indetto per domani una assemblea dei gruppi parlamentari che rischia di trasformarsi in una vera e propria resa dei conti. Le voci che chiedono al più presto gli Stati Generali si fanno sempre più forti.