Una lampadina per microfono, un cavo elettrico, un po’ di fantasia e un sogno su tutti quando era bambina: “Stare su un palco, suonare una chitarra vera, fare musica e palloni giganti con una gomma da masticare”. Il suo sogno, Carmen Consoli, è riuscita a trasformarlo in realtà. E a sei anni dall’ultimo lavoro in studio pubblica l’album di inediti “Volevo fare la rockstar”. “Ho voluto raccontare la mia storia, parlare di me, di ciò che mi accedeva. E di quella passione straordinaria che avevo per Elvis Presley: era sua la prima musicassetta, ‘Flaming Star’, che mi regalarono”.
Un disco, che avrebbe dovuto vedere la luce già nella primavera dell’anno scorso, poi bloccato a causa della pandemia, in cui, tra atmosfere oniriche e fiabesche, racconta molto di sé e di quella bambina cresciuta a polenta e caponata (“mamma veneta, papà siciliano”) a Catania negli anni Ottanta, tra faide di mafia e morti ammazzati per strada (“era stanco, si è coricato, tu pensa alla musica, sogna, mi diceva mio padre”), e arrivata a esibirsi a New York. Il sogno. Il sogno che diventa desiderio, e quindi progetto.
Intorno a questo ruota “Volevo fare la rockstar”, un disco intenso, delicato, che pesca nel passato per recuperare un’identità ma racconta anche il presente (Covid compreso), con le sue paure, le sue ombre, ma anche la luce di un futuro che è sempre pronto ad attenderci. “Faccio sempre recupero della memoria - racconta la cantautrice - la sua ironia e la sua generosità sono i lasciti più grandi. Ricordo sempre a me stessa da dove sono partita. Ho rispetto del mio passato, lo riscrivo e lo reinterpreto. Ma allo stesso tempo imparo, studio, leggo, incontro persone: se non vivo cosa devo scrivere. Vivo sei anni e poi scrivo un disco, non ho fretta”.