“Penelope Spada è la prima protagonista femminile di un mio romanzo”. Così esordisce Gianrico Carofiglio quando presenta ai lettori della Fiera del libro di Buenos Aires la traduzione in spagnolo di “La disciplina di Penelope”, pubblicato in Italia da Mondadori e in Spagna da Duomo (nella foto qui sotto). “Scrivere in prima persona, nei panni di una donna, e in più risultare credibile, è stata una sfida – continua –. Per prepararmi ho parlato con molte donne, tutte diverse tra loro, e da ognuna ho preso qualcosa per costruire il personaggio. E sono successe due cose straordinarie: una è che ora vedo cose che prima non notavo, guardo il mondo con occhi diversi. L’altra è che Penelope, tra tutti i miei personaggi, è quello più autobiografico, quello che mi assomiglia di più”.
Come Penelope Spada, anche Gianrico Carofiglio, è stato pubblico ministero (il magistrato che, nel sistema italiano, porta avanti l’accusa nei processi) a Bari, dove si è occupato anche di criminalità organizzata. Ma ha abbandonato la carriera nel sistema giudiziario quando è diventata incompatibile, per tempo ed energia, con la letteratura. Oggi è scrittore a tempo pieno, con una breve incursione in politica, dal 2008 al 2013, come senatore del Partito Democratico.
Penelope, invece, ha abbandonato la magistratura in modo traumatico, per un evento grave e luttuoso del quale si sente responsabile, ma che non viene svelato nel romanzo (lo sarà però nel seguito, “Rancore”, pubblicato in Italia da Einaudi e, per l’edizione in lingua spagnola, sempre da Duomo, con il titolo “Rencor”).
Il romanzo è ambientato a Milano, città che l’autore conosce bene, anche se non ci ha mai vissuto. E infatti i riferimenti ai luoghi, le strade, i parchi, il carattere dei quartieri sono precisi e restituiscono l’anima di una città da tutti amata e detestata con la stessa forza.
La storia è quella di un “caso freddo”. Un uomo sospettato dell’omicidio della moglie, ma in seguito prosciolto per l’assenza di qualsiasi prova a suo carico, chiede a Penelope – che ora lavora come investigatrice privata senza licenza – di trovare il vero colpevole, per dissipare qualsiasi ombra su di sé. Un giallo, insomma.
“Preferisco definirlo romanzo di investigazione – sottolinea Carofiglio –. Perché la ricerca si svolge su due piani: le indagini di polizia e l’introspezione nell’animo umano”. La differenza con i gialli classici è presto detta. “Quando leggiamo un romanzo di Conan Doyle o di Agatha Christie – osserva lo scrittore – proviamo una sensazione strana. Ci sentiamo molto stupidi: Sherlock Holmes o Hercule Poirot la soluzione l’avevano in mano fin dalle prime pagine. Questo è possibile perché l’autore gioca con le carte truccate, sa già ‘come va a finire’, ma nella realtà non avviene così”. Nelle indagini della vita reale si procede per tentativi, si percorre una strada, ci si accorge di non avere capito niente, si ricomincia da capo.
Un processo coerente con il lavoro di scrittura. “Quando inizio un nuovo romanzo – rivela Carofiglio – so da dove parto e dove voglio arrivare. Ma quello che succede in mezzo è in gran parte una sorpresa anche per me.
Se l’intreccio è gradevole e coerente (“da ex magistrato, mi sento obbligato a creare situazioni credibili e plausibili”), se la scrittura è pulita e precisa (risultato di un maniacale lavoro di revisione), Carofiglio lo deve anche ai suoi modelli. Nella scelta del genere poliziesco è stato influenzato dall’hard-boiled statunitense, con autori come Lawrence Block (in particolare per la costruzione dei personaggi), Raymond Chandler e James Ellroy. Mentre i suoi maestri di stile sono Raymond Carver (per il lavoro di sottrazione sulla frase) e Italo Calvino, nella ricerca di precisione. Ricerca che non è solo stilistica ma anche etica, perché ritiene che la qualità del dibattito democratico nella società dipenda anche dalla nostra capacità di non prostituire le parole, svuotandole di significato.
Ma al di là di tutto questo, è indubbio che il punto forte di “La disciplina di Penelope” sia la sua protagonista. Una donna dura e fragile al tempo stesso che affronta con coraggio e dolore la sua verità, senza farsi sconti, senza cercare giustificazioni. Un personaggio epico, come suggerisce il nome. E tragico.