Da mezzo di trasporto a opera d’arte il passo è stato relativamente breve. La storia del carretto siciliano risale ai primi dell’Ottocento: infatti, fino al ‘700, lo scarso sviluppo delle strade aveva limitato i trasporti al dorso degli animali.
Oggi il carretto siciliano insieme all’opera dei pupi è ormai un simbolo dell’isola, tanto che è in attesa di intraprendere il percorso per il conseguimento del riconoscimento Unesco quale Patrimonio dell’umanità.
Tutto ciò ha dato inizio al percorso di valorizzazione delle diverse forme d’arte che confluiscono, ieri come oggi, nella forma del tradizionale carretto, arti per troppo tempo ritenute “minori” e che, grazie a questo percorso, vedono accendere i riflettori sulle maestranze che risiedono in Sicilia. Maestri d’ascia e carradori, fra i quali intagliatori, maestri fabbri, decoratori, pittori, costruttori di finimenti, usciulari non ultimi cantastorie e pupari, artigiani e artisti connessi, già dall’800, con l’anima del carretto siciliano.
Il carretto assume, nella cultura siciliana, un significato simbolico che attraversa diversi ambiti, per diventare emblema stesso dell’identità isolana. Strumento ante litteram di promozione, il carretto dipinto, oltre a dimostrare la ricchezza del proprietario, racconta l’anima e le diverse manifestazioni della terra siciliana.
Recuperare il valore e la funzione del carretto siciliano, restituendogli il ruolo simbolico che merita, è anche un primo passo verso l’auspicato riconoscimento di patrimonio immateriale dell’Unesco che porrebbe il Carretto, con le immagini dipinte della storia dei paladini di Francia, come elemento di riconoscibilità della tradizione siciliana, al pari dell’Opera dei Pupi, già eredità immateriale.