ROMA - Il governo prende tempo sul caso relativo a Osama Almasri e lascia passare la scadenza del 17 marzo, prevista per l’invio – alla Corte penale internazionale dell’Aja – delle informazioni sollecitate sulla mancata consegna del generale libico. 

L’esecutivo - a quanto appreso - ha chiesto infatti alla Corte una proroga dei termini in attesa della definizione del procedimento avviato nei confronti della premier Giorgia Meloni, del sottosegretario Alfredo Mantovano e dei ministri dell’Interno e della Giustizia, Matteo Piantedosi e Carlo Nordio, per i reati di favoreggiamento e peculato, mossa che ha provocato l’immediata protesta dell’opposizione.  

Nuova puntata, dunque, del braccio di ferro sul responsabile del carcere di Mitiga, accusato di crimini di guerra e contro l’umanità, arrestato in Italia e fatto rientrare in Libia con un volo di stato.  

La Camera preliminare della Cpi aveva avviato una procedura di accertamento formale nei confronti dell’Italia per una condotta ritenuta inadempiente, invitando il governo a spiegare perché non ha consegnato l’uomo, non lo ha perquisito e non ha sequestrato i dispositivi in suo possesso. Il 17 marzo era la scadenza indicata per l’invio della documentazione. 

Ora, la richiesta del governo di avere più tempo, per evitare interferenze con l’indagine avviata dal Tribunale dei ministri. I magistrati hanno infatti acquisito documentazione sia dal ministero della Giustizia che da quello dell’Interno, con l’obiettivo di ricostruire quanto accaduto dall’arresto alla scarcerazione e il rimpatrio. 

Il Tribunale ha 90 giorni di tempo per svolgere le indagini, che potrebbero concludersi con un’archiviazione oppure con l’invio del fascicolo in procura per chiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere nei confronti degli indagati. Nordio e Piantedosi, nelle loro informative al Parlamento, avevano ricostruito le varie fasi del caso, sottolineando la correttezza delle azioni intraprese. 

Il guardasigilli era stato particolarmente duro con la Corte definendo il mandato d’arresto “nullo”, perché viziato a suo dire da “gravissime anomalie”. 

Uno dei nodi segnalati da Roma è la mancata preventiva interlocuzione con il ministero della Giustizia, situazione che avrebbe reso non eseguibile l’arresto, ma la Corte penale ha rispedito le contestazioni al mittente e ha anche formalmente richiesto il deferimento dell’Italia all’Assemblea degli Stati e al Consiglio di sicurezza dell’Onu.