ROMA - Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano sono indagati per il caso Almasri. Ad annunciarlo è stata la stessa premier in un video pubblicato sui social.
“La notizia di oggi è questa: il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino libico Almasri”, scrive Meloni.
Secondo la premier, l’avviso di garanzia sarebbe stato emesso a seguito di una denuncia presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per aver difeso pentiti di mafia del calibro di Buscetta e Brusca.
“Io penso che valga oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile, non mi faccio intimidire”, dichiara Meloni.
Gli atti sono stati inoltrati al Collegio per i reati ministeriali del Tribunale dei Ministri, secondo quanto si legge nella comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati.
A spiegare all’Adnkronos le ragioni della denuncia è lo stesso Li Gotti, che ha presentato l’esposto alla procura di Roma. “Adesso su questa vicenda mi aspetto chiarezza, quello che non c’è stato finora. Nel mio esposto ho ipotizzato i reati di favoreggiamento e peculato, ma ora sarà la magistratura a indagare e fare accertamenti”, dice il legale.
Il governo fa quadrato attorno alla presidente del Consiglio, a partire da Matteo Salvini, reduce vincente dal processo Open Arms. “Vergogna, vergogna, vergogna. Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra. Riforma della giustizia, subito!”, scrive sui social.
Toni più pacati dal ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, che difende “la separazione dei poteri e condanno scelte che suonano come una ripicca per la riforma della giustizia”, scrive su X.
Anche il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, esprimendo solidarietá ai colleghi, ritiene urgente “ristabilire una netta separazione dei poteri. La difesa della sicurezza nazionale attiene alle scelte sovrane del governo della repubblica”.
Di un “tempismo sospetto” parla il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, che ritiene che il provvedimento sollevi “molte perplessità, non soltanto per il suo tempismo, ma anche per le implicazioni che ne derivano sul piano istituzionale”.