WASHINGTON - Il caso Epstein torna a scuotere gli Usa. In meno di 72 ore, il Dipartimento di Giustizia (DoJ) è stato protagonista di un fine settimana di “marce indietro” e polemiche, tra la pubblicazione di documenti inediti, censure improvvise e le rinnovate speranze della famiglia di Ghislaine Maxwell.
Venerdì sera, il Dipartimento di Giustizia ha pubblicato 119 pagine di documenti del Gran Giurì, relativi al processo del 2021 contro Ghislaine Maxwell, la complice di Jeffrey Epstein condannata a 290 anni di carcere per traffico sessuale di minori.
Inizialmente, il materiale includeva 15 fotografie scattate nella residenza di Epstein. Tra queste, ha destato scalpore l’immagine di un cassetto aperto contenente diverse foto di Donald Trump. In una di queste, il tycoon appare circondato da donne in costume da bagno, in un’altra (parzialmente oscurata), Trump è ritratto insieme a Melania, alla stessa Ghislaine Maxwell e a Jeffrey Epstein.
Tuttavia, il giorno seguente (sabato), Nbc News ha rivelato che queste immagini erano sparite dal sito ufficiale. Insieme a quelle di Trump, erano stati rimossi anche numerosi ritratti di donne nude trovati nella casa del miliardario pedofilo.
La sparizione delle foto ha scatenato duri attacchi da parte dei Democratici e dei legali delle vittime, che hanno accusato il Dipartimento di parzialità. Sotto pressione, il DoJ ha effettuato una marcia indietro, ripubblicando il materiale e spiegando su X che la rimozione temporanea era servita per “esaminare i documenti con la massima cautela per le vittime e le loro famiglie”.
Attualmente, i documenti sono online con “minime espunzioni” (censure), necessarie - secondo il Ministero - a proteggere la privacy delle persone coinvolte non condannate.
Proprio su questo punto è scoppiata una durissima battaglia politica al Congresso. Dopo l’iniziativa dei deputati Ro Khanna (democratico) e Thomas Massie (repubblicato), il leader dem alla Camera, Hakeem Jeffries, ha attaccato direttamente il segretario Pam Bondi e il suo vice Todd Blanche. Jeffries ha dichiarato che la divulgazione “non rispetta quanto previsto dalla legge” e ha chiesto un’immediata “spiegazione scritta” all’amministrazione.
Secondo l’Epstein Files Transparency Act, infatti, il Dipartimento di Giustizia deve fornire al Congresso un riepilogo dettagliato di tutte le omissioni e censure entro 15 giorni dalla scadenza della divulgazione. “Ci aspettiamo spiegazioni entro la prossima settimana”, ha incalzato Jeffries.
Ancora più duro è stato il senatore democratico Dick Durbin, che ha annunciato un’indagine definendo l’operazione una “violazione della legge federale per proteggere i ricchi e i potenti”. Durbin ha accusato i vertici della giustizia nominati da Trump - Bondi, Kash Patel e Dan Bongino - di aver scelto di proteggere il presidente anziché le vittime. Secondo le analisi dei media, oltre agli omissis, almeno 16 documenti sarebbero spariti temporaneamente dalla pagina web, inclusi dipinti di nudi e lo scatto della credenza che ritraeva Trump con Epstein.
A difesa dell’operato del ministero è intervenuto il viceprocuratore generale Todd Blanche. Ai microfoni di Nbc, Blanche ha spiegato che la rimozione della foto di Trump era dovuta alla presenza di donne nell’inquadratura. “La censura serve a proteggere le vittime, non il tycoon”, ha ribadito, assicurando che centinaia di avvocati stanno esaminando i file in modo metodico.
Blanche ha inoltre garantito che nessuna informazione riguardante Trump sarà oscurata in futuro, a meno che non sia imposto dalla legge per proteggere la privacy delle vittime o il segreto professionale.
Mentre i documenti pubblici riaccendono il dibattito, la difesa di Ghislaine Maxwell sposta il campo di battaglia sul piano politico. In un’intervista rilasciata a Repubblica, Ian Maxwell, fratello della donna, ha confermato che la sorella non ha intenzione di arrendersi, nonostante i 20 anni di carcere da scontare.
“Ghislaine è innocente, il governo Usa ha insabbiato informazioni”, ha dichiarato Ian Maxwell, annunciando un nuovo ricorso per presunte irregolarità processuali. Tuttavia, la vera carta vincente potrebbe essere politica: la grazia presidenziale.
“Chiedere la grazia a Donald Trump potrà essere il prossimo passo se l’ultimo ricorso verrà respinto. Il presidente ha già graziato i partecipanti all’assalto al Campidoglio e prende decisioni in autonomia. Non avrà la pressione di un terzo mandato e ha già dimostrato di poter concedere provvedimenti simili”, ha concluso Ian Maxwell.