ROMA - Nuovo giallo sul caso di Emanuela Orlandi. Durante l’audizione di Lidano Marchionne, all’epoca dei fatti commissario capo della Polizia di Stato, in servizio presso la Digos della Capitale, davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta l’attenzione è stata puntata su un numero di telefono non identificato scritto su un diario di Emanuela. Uno dei commissari ha chiesto informazioni sul fatto che fu convocata dalla Digos, per essere ascoltata, una persona sulla base di un numero di telefono presente in un diario di Emanuela, riferito a una “certa Federica” ma tuttavia per la convocazione ci si basò su un numero non corrispondente a quello effettivamente scritto nel diario visto che una cifra era diversa.
“La firma è mia e il verbale è mio”, ha detto Marchionne prendendo visione degli atti ma non ricordando nel dettaglio la vicenda. Marchionne ha osservato che andrebbero esaminati i documenti: “[E visto] in che contesto è stato fatto questo verbale di interrogatorio, ossia se è stato fatto perché ci arrivava una segnalazione che c’era questo numero sul diario, premesso che noi il diario di Orlandi non lo abbiamo mai acquisito, o potrebbe anche essere che altre fonti avevano individuato questo numero”. Replicando a un’altra domanda della senatrice Daisy Pirovano (Lega) su questo aspetto e sui presunti mancati controlli sul numero giusto, l’ex appartenente alla Digos, che ha più volte ricordato di essersi occupato del caso solo relativamente al filone “lupi grigi”, ha osservato di non aver mai fatto accertamenti su diari e che tra le ipotesi c’è anche di essere “stato coinvolto in questo verbale per un’emergenza dovuta forse all’assenza o al mancato riferimento della persona che se ne stava occupando che non [sa] chi sia”.
La senatrice Pirovano ha sottolineato ai colleghi della Commissione che “guardando la foto dell’originale del diario di Emanuela dell’‘82-‘83 [ha] anche un altro dubbio ossia se il nome sia veramente ‘Federica’ e non ‘Federico’”. “A questo punto – ha continuato Pirovano –, sarebbe il caso di fare un approfondimento. Sarebbe utile capire se sul numero corretto siano state fatte successivamente ricerche [e] se siano ancora fattibili”. Il presidente della Commissione Andrea De Priamo ha replicato che attraverso il lavoro dei consulenti cercheranno “di fare un approfondimento tecnico”.
Su Emanuela Orlandi dopo il rapimento “non si ebbe mai prova dell’esistenza in vita della ragazza e lo stesso Ali Agca, all’epoca detenuto in esecuzione pena, in qualche modo si dissociò da questa richiesta di sua liberazione”. “Si arrivò alla scadenza dell’ultimatum e non furono avviate iniziative per la liberazione concreta di Agca e non fu acquisito alcun elemento che potesse sostenere che la ragazza fosse viva”, ha ricordato Marchionne.
“Mi colpì il fatto che l’intervento di un’associazione vicina all’attentatore del Papa e che ne chiedeva la liberazione - ha osservato - venne fatto dopo che il Papa, nella recita dell’Angelus, aveva fatto cenno alla scomparsa della ragazza e stimolato la buona volontà di coloro che avevano responsabilità nella gestione di quel caso”. “Fino a quel momento i contatti erano stimolati dalla diffusione dei manifesti fatti dalla famiglia. Erano passati direttamente sui familiari di Orlandi ai telefoni che avevano indicato come recapito e i messaggi erano sostanzialmente dettati dall’intento di tranquillizzare la famiglia”, ha concluso l’ex commissario della Digos di Roma.