MILANO - Quella fuga in slalom tra le vie milanesi, in contromano o sorpassando a destra, dopo non essersi fermato all’alt dei carabinieri, è stata ritenuta “resistenza a pubblico ufficiale”. E ha portato a una condanna a una pena pesante, due anni e otto mesi, già al netto dello sconto del rito abbreviato. Una sentenza che potrebbe influire sulle determinazioni dei Pm nel filone principale sull’accusa di omicidio stradale.
Si è chiuso così in primo grado, davanti al Gup Fabrizio Filice, il processo a Fares Bouzidi, amico di Ramy Elgaml, il 19enne egiziano che era in sella allo scooter guidato dal 22enne e che morì cadendo nello schianto, al termine di un inseguimento di circa 8 km da parte dei carabinieri lo scorso 24 novembre. Un fatto tragico che scatenò polemiche e disordini nel quartiere Corvetto, dove vive la famiglia di Ramy.
Fu proprio il padre a spegnere le proteste con parole sagge, parlando della ricerca di “giustizia e verità”. La difesa di Fares è sempre stata convinta che da parte dei carabinieri, che intervennero con tre pattuglie e sei militari, ci sarebbe stato uno “speronamento volontario”.
E anche stavolta, nel processo a porte chiuse che riguardava solo l’accusa di resistenza per cui il 22enne era finito ai domiciliari, poi sostituti con l’obbligo di firma, ci sono stati accesi botta e risposta tra Pm e i difensori.
I sei carabinieri, alcuni indagati nelle altre tranche del caso, si sono costituiti parti civili per “danni morali”, assistiti, tra gli altri, dai legali Paolo Sevesi, Arianna Dutto e Armando Simbari. I Pm Giancarla Serafini e Marco Cirigliano avevano chiesto proprio due anni e otto mesi, senza attenuanti, per il casellario giudiziale e i precedenti. E hanno fatto presente che Bouzidi non ha mostrato “resipiscenza”, ossia non ha mai preso consapevolezza di ciò che ha fatto quella notte, con una condotta che ha portato anche alla morte dell’amico.
Secondo la ricostruzione, il 24 novembre Fares era alla guida del T Max “senza aver conseguito la patente” e “dopo aver assunto sostanze stupefacenti”. Invece di fermarsi all’alt, avrebbe “improvvisamente” accelerato dando il via a un inseguimento “a velocità elevatissima”, mettendo in atto “manovre pericolose” e attraversando da una parte all’altra la città.
Una volta arrivato all’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta il terribile schianto: Ramy morì e Fares rimase gravemente ferito.
I Pm nei prossimi giorni dovrebbero definire le indagini proprio nel filone sull’omicidio stradale. Secondo il consulente dei Pm, quando lo scooter tentò di svoltare a sinistra all’incrocio, sbandò e deviò improvvisamente a destra e il carabiniere dell’ultima macchina inseguitrice se lo trovò in traiettoria. Non poteva sterzare né a sinistra né a destra, altrimenti avrebbe travolto o la moto o un passante. Tentò di frenare, ma, secondo il consulente, fu impossibile a quel punto evitare l’urto e lo schianto finale dei due mezzi verso un palo di un semaforo.
Una consulenza che potrebbe portare i Pm a chiedere l’archiviazione per il militare e a chiudere le indagini per omicidio stradale, in vista della richiesta di processo per Bouzidi, che con la sua “guida spregiudicata ed estremamente pericolosa” si è “assunto il rischio delle conseguenze”.