MILANO - È passato un mese e mezzo dalla morte di Ramy Elgaml, il diciannovenne che era a bordo di uno scooter guidato da un amico inseguito dai carabinieri.  

Dopo l’acquisizione dei video su quanto accaduto quella notte, in cui si sentono frasi choc pronunciate dagli inseguitori, la Procura di Milano potrebbe arrivare a contestare a uno o più militari l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale, ossia con l’accettazione del rischio, al momento di agire, che l’evento mortale si verificasse. 

“Quelli che ho visto nel video sono carabinieri sbagliati. Ma ci sono anche i carabinieri veri. Non sono tutti uguali e ho fiducia in quelli giusti”, ha dichiarato Yehia Elgaml, padre di Ramy, che con le sue parole era riuscito a spegnere le rivolte scoppiate nel quartiere Corvetto dopo la morte del figlio.  

“Dopo 45 giorni ho potuto dormire. Perché quel video vuol dire che la verità sta arrivando”, ha detto invece la madre. 

Al momento, il carabiniere che era alla guida della macchina che tallonava lo scooter nelle fasi finali dell'inseguimento, durato otto chilometri, resta indagato per omicidio colposo stradale, così come Fares Bouzidi, l’amico di Ramy. 

Altri due militari sono indagati per reati che vanno dalla frode processuale e depistaggio fino al favoreggiamento. E anche le posizioni degli altri tre carabinieri delle pattuglie intervenute sono al vaglio, nell’inchiesta coordinata dal procuratore Marcello Viola, dall’aggiunta Tiziana Siciliano e dai pm Marco Cirigliano e Giancarla Serafini. 

L’elenco degli indagati potrebbe allungarsi, dato che si profila anche l’ipotesi di falso per l’annotazione nel verbale di arresto a carico di Bouzidi, per resistenza aggravata. Le valutazioni principali, però, andranno fatte sulla ricostruzione dello scontro tra auto e moto, tra via Ripamonti e via Quaranta, che ha portato alla morte del giovane.